un marito che sceglie l’Amore – la storia di James

25 Settembre 2011

E’ da diversi mesi ormai che sono iscritto al forum di Rete dei Genitori Rainbow e che sto leggendo i vostri interventi. Diversi mesi trascorsi a esplorare le varie stanze, percepire – attraverso le presentazioni, le domande, le provocazioni, le discussioni che ne seguono – l’angoscia, la frustrazione il dolore e la paura, ma anche il timido sorriso di una speranza che non vuole morire, nonostante tutto. Sensazioni e sentimenti che ho vissuto e tutt’ora vivo anch’io. Diversi mesi trascorsi a commuovermi, a sorridere, a riflettere, a partecipare silenziosamente e a conoscervi.

E sono fiero. Fiero di avervi trovato, di aver partecipato – sebbene dietro le quinte – ai dibattiti, alle controversie, finanche alle polemiche di argomenti così interessanti e variegati come mai avrei ritenuto possibile.

Ma andiamo con ordine: devo presentarmi. Sono un uomo, prossimo a compiere 47 anni. Sono nato nel sud dell’Italia, e lì ho vissuto e mi sono laureato. Poco più di dieci anni fa ho raggiunto la fidanzata, mia conterranea, in una grande città del nord, dove già lavorava da un paio d’anni. Col tempo ho costruito la mia famiglia, la mia posizione sociale, le mie amicizie, le mie attività hobbistiche e sportive.

Mia moglie è una donna speciale e sono stato fortunato davvero ad incontrarla. I suoi occhi, il suo sorriso, la voce mi hanno sempre fatto sentire a casa. Nessuna difficoltà, nessun problema del quotidiano, nulla era troppo grande per noi da non poter essere affrontato e risolto. Lei, assieme ai nostri due figli, ha costituito da sempre la mia forza. Una forza che cresceva anno dopo anno. Mi piaceva pensare che la famiglia sarebbe stata il luogo dove avrei fatto veramente carriera.

Poi tutto comincia a cambiare. La serenità, l’affinità e l’intesa sembrano cedere il posto all’insofferenza, alla incapacità di dialogo e a una strisciante incomprensione. Di consapevolezza in consapevolezza: qualcosa si sta spezzando e a nulla serve ogni sforzo per recuperare la situazione. La mia forza e la mia sicurezza sono minati alla base e il graduale indebolimento delle mie certezze rigurgita il mio orgoglio che prepotentemente si manifesta attraverso l’ostinato rifiuto di ammettere lo sgretolamento di tutto ciò che sono riuscito a realizzare assieme alla compagna della mia vita.

E una sera di aprile, dopo aver intuito ciò che il mio cuore e la mia mente avevano ricacciato inconsciamente indietro, chissà per quanto tempo, pronuncio il suo nome come sempre succede nei nostri momenti più teneri e le dico che ho capito: lei è omosessuale. Non mi ha mai mentito e meno che mai quella sera. Soprafatto dalla commozione, abbracciati e in lacrime, non so come ho la forza di farle coraggio. Del resto mi sembra logico e doveroso dal momento che ero stato io a indurla a confessare a me l’inconfessabile. Ma intanto questa consapevolezza agisce nel mio cervello come un tarlo, assumendo ora dopo ora le proporzioni di una tragedia e consumando crudelmente quei princìpi che costituiscono la mia identità. Solo adesso, come mai prima, avverto la relatività della mia vita.

Una vita che rimette tutto in discussione, una vita che lancia sfide sempre diverse, una vita che ti mette in crisi ed esige da te un cambiamento di proporzioni immani per viverla in modo completamente diverso, inimmaginabile prima. Perché indietro non si torna e per non soccombere devi rivalutare il concetto stesso di Amore, quello con la A maiuscola, che non si lascia imprigionare in schemi, in programmi per il futuro, in valutazione del passato, oppure dentro esperienze concretamente vissute, tantomeno indirette. Ti chiedi per cosa hai lottato fino a quel momento, invidi la vita “normale” dei tuoi genitori e pensi che non avresti mai immaginato un destino talmente spietato da toglierti la donna con la quale avresti voluto invecchiare, l’unica persona che vorresti guardare negli occhi prima di morire. E saresti disposto a scendere fino all’inferno per riaverla indietro, ma tutto ciò che la vita ti concede è un’indicibile sofferenza e lacrime, lacrime, lacrime. E come spesso accade, devi toccare il fondo per risalire.

E il mio è stato il disprezzo. Quello provato verso me stesso, dopo una notte angosciante passata a pensare e ripensare spasmodicamente ai drammatici momenti nei quali, preso da un’ira incontenibile le avevo puntato contro il dito, dicendole che, l’avesse voluto o no, avrebbe continuato ad essere mia moglie. Aveva fatto un giuramento ed era suo dovere mantenerlo. L’avevo accusata di non avermi mai amato e che avrebbe dovuto impedirmi di sposarla.

Ma ora il mio amore per lei, imponendomi di non rinunciare, avrebbe contrastato con uguale determinazione il suo tentativo di abbandonarmi. Il mio amore, nonostante questo destino feroce, sarebbe bastato per entrambi perché quel che conta di più è ciò per cui ho sempre ostinatamente lottato: l’unità della nostra famiglia, l’equilibrio dei nostri bambini… Come nel peggiore e più angosciante degli incubi rivedo lei, lì davanti a me, seduta sul divano, a testa bassa, schiacciata dal peso delle mie urla e delle minacce di rivelare a chicchessia chi fosse davvero. Oppressa dalla paura, dal senso di colpa, dalla mancanza di volontà di reagire, impotente, in silenzio, a volte annuendo… si arrende. Mi allontano pensando “Ho vinto questa guerra. Sarò solo contro chiunque, se necessario, ma farò in modo che tutto ricominci come deve essere”. Ed ecco un altro tarlo insinuarsi nella mia mente.

Ma ci pensate? Avevo parlato di promesse da mantenere, di dovere coniugale, di unità familiare e di minacce. E in nome di quale amore, adesso, avrei potuto continuare a mantenere le mie promesse e adempiere a miei doveri coniugali? In quale amore sarebbe stato possibile far crescere i nostri due figli? Un amore mantenuto artificialmente in vita dalle abominevoli minacce che avevo indirizzato a quella donna che tanto avevo amato e amavo ancora? Non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine di lei seduta a testa bassa di fronte a me. Vedete, non ho mai ignorato l’esistenza dell’omosessualità e l’ho sempre considerata un fenomeno, uno status, da sempre esistito. La mia fede, poi, cristiana protestante, mi ha sempre insegnato che tutti gli esseri umani sono uguali agli occhi di Dio e di conseguenza ho sempre sostenuto che i diritti degli omosessuali vanno ratificati dalla legge di un Paese come il nostro, ancora così zavorrato da una morale cristiana travisata e svuotata di ogni significato da un cattolicesimo troppo spesso bigotto e medievale.

Ma la vita ti sfida sempre: mai come adesso capisco cos’è l’amore omosessuale. Un amore vibrante e intenso perché sofferto, molto spesso nascosto, tra le righe, ancora assurdamente inconfessabile. Comprendo, ora più profondamente, che la rinuncia a se stessi per gli altri non deve andare a discapito della felicità perché tutto deve essere subordinato alla “legge dell’Amore”. E allora qual è il significato della rinuncia? Dal momento che io amo mia moglie e continuerò ad amarla e so che continuerò ad essere da lei amato, anche se in modo diverso, allora sarò io a rinunciare a lei pur di saperla felice.

Questo sito, questo forum e le varie stanze di cui si compone, mi ha aiutato a comprendere ciò che era da me assurdamente dato per scontato e mi ha aiutato a vedere una realtà, da sempre davanti a me, con occhi diversi. Attraverso le vostre parole ho visto un mondo più variopinto, di certo più complesso, ma più bello. E quando penso a questo rivolgo lo sguardo a mia moglie osservandola come parte di quel mondo che inizio a scoprire solo adesso. E ringrazio Dio perché sono stato fortunato davvero ad incontrarla. Tra le ennesime lacrime le chiedo se potrà mai perdonarmi e le confesso quanto mi sia e mi sarà preziosa, a dispetto di tutto.

Lentamente riscopriamo il dialogo, sulla base di una nuova consapevolezza. Ed è più bello. Parliamo di futura famiglia allargata – anche se nessuno dei due per ora ha un legame con qualcun’altra – e di come ciò dovrebbe essere visto per i nostri figli solo come un arricchimento. E abbiamo scoperto perché: l’Amore si moltiplica, tra le persone, non si divide. E molte esperienze che leggiamo sul sito di Rete Genitori Rainbow ci confermano come ciò non è impossibile. Nulla sarà troppo grande da non poter essere affrontato e risolto se facciamo fluire l’Amore dentro di noi, senza schemi, senza doveri, senza preconcetti e se abbiamo voglia di dirci “ti amo” ce lo diciamo perché sappiamo entrambi del nostro orientamento sessuale ma ciò non impedisce di manifestarci affetto. Dal punto di vista affettivo prenderemo anche strade diverse. Probabilmente ci innamoreremo di coloro che costituiranno le compagne di ciò che rimane della nostra vita, ma nulla ci costringerà a rinnegare la nostra storia insieme. E quando mia moglie troverà una compagna in grado di amarla non solo nella sua persona, ma anche attraverso i nostri figli come fossero i propri, personalmente non avrò perso nulla.

Certo, oggi ho perso la persona che avrebbe dovuto essere mia moglie. Ma se rifletto su quel “dovuto” mi rendo conto che in questo mondo nulla ci è dovuto. Ho visto la malattia strappare i padri alle loro famiglie. Ho visto morti premature portar via giovani madri ai loro piccoli. A loro non era forse dovuta una vita serena, felice, proficua (come la si augura a gran voce in tutti i matrimoni)? Eppure la vita ad un certo punto ci destabilizza (tutti quanti!) ci sorprende, ci costringe a rimetterci in discussione, ci obbliga a riadattarci. Per sopravvivere. E continuare ad amare con mente più aperta, più umile, più consapevole. E, secondo me, meglio di prima.

Il coming-out al lavoro, coi genitori, col nostro mondo non c’è stato ancora, ma è un suo diritto. Conscio delle difficoltà che purtroppo ancora si incontrano, dovrà essere lei a decidere quando e come farlo. Sarò al suo fianco e mi batterò per i diritti degli LGBT perché un giorno non si debba più soffrire e perché il ruolo che si sceglie nella società non debba dipendere dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale o da qualsiasi altra cosa, ma solo dai propri sogni e desideri.

Confesso che qualche sprazzo di paura c’è ancora. Io e mia moglie siamo consapevoli delle difficoltà che ci troveremo ad affrontare, soprattutto per mantenere lontana da noi la tentazione di assumere o emulare ruoli e comportamenti imposti prepotentemente dalla nostra società: padre e madre etero, giovani, tonici, palestrati, con figli adolescenti sempre sorridenti col messaggio subliminale che tutto questo è ciò che i vostri genitori hanno sempre sognato per voi e che i vostri amici invidiano di più. Ma noi abbiamo la consapevolezza di non essere soli. Mia moglie dice che questa storia finisce così bene, che sebbene sia lunga, sembra corta. Io le rispondo facendole notare che questa storia, nonostante abbia cominciato a scriverla io, la stiamo continuando a scrivere insieme. E’ l’unico modo che mi resta per amare lei e i nostri figli. L’unico modo per fare davvero carriera.

Non siamo soli. E sapere questo è importante per noi. Grazie alla RGR! E grazie a mia moglie per avermela fatta conoscere.

James.

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