10 Dicembre 2024
Articolo di Pasquale Quaranta per la rubrica Modern Family su La Repubblica
Sabato pomeriggio, Pinerolo. L’aria è frizzante e il silenzio della cittadina piemontese, incastonata tra le valli e le Alpi Cozie imbiancate, è spezzato solo dal mormorio del torrente Chisone che scorre poco distante. In questo angolo di provincia torinese, Valentina Violino e Roberta Martini ci accolgono in casa.
Una casa animata da un “caos organizzato” che racconta tanto di loro: figlie concepite in precedenti relazioni, nipoti vivaci, galline e porcellini d’India che si muovono liberamente in giardino. “Abbiamo una famiglia abbondante e articolata”, esordisce Valentina con un sorriso che lascia trasparire affetto e un pizzico di autoironia. “Bellissima e incasinata”, aggiunge Roberta con sguardo complice.
Vivono insieme da 22 anni e rappresentano una realtà che sfida le etichette: “Siamo lesbiche, mamme e nonne felici di cinque nipoti” raccontano, con la semplicità disarmante di chi ha imparato a raccontare la propria storia senza filtri. “Non esistono solo famiglie tradizionali o quelle comunemente definite arcobaleno”, dice Valentina. “Ci sono anche famiglie come la nostra, nate da chi, dopo relazioni eterosessuali, ha riconosciuto la propria identità omosessuale e dato vita a una nuova dimensione familiare”.
E mentre parlano, il quadro della loro vita si completa nei dettagli: Valentina, 57 anni, lavora in Alpitour a Torino e si divide tra il suo impegno professionale e quello familiare. Separata dopo un matrimonio durato cinque anni, è madre di Morena, oggi 33enne, e nonna affettuosa di Diego, 11 anni, e Nicole, 9.
Roberta, 60 anni, porta con sé una storia di forza e rinascita. Vedova dopo la perdita del marito, ha affrontato anche il dolore della morte di una figlia nata prematura. Oggi madre di Martina, 32 anni, che ha a sua volta tre figli — Emma, 6 anni; Joel, 4 e Rebecca, 1 — Roberta concilia il suo lavoro come operatrice socio-sanitaria in un ospedale a Pinerolo con un forte impegno per la famiglia.
Sedute al grande tavolo della cucina, sotto i soffitti a volta che sembrano custodire anni di storie e risate, ci accolgono in compagnia di Morena, figlia di Valentina, offrendoci una crostata e una tisana calda. Valentina, che è tra le fondatrici di Famiglie Arcobaleno e della Rete Genitori Rainbow, racconta come queste associazioni abbiano incoraggiato le persone omosessuali a non rinunciare al desiderio di genitorialità a causa dei pregiudizi. “Famiglie Arcobaleno, nata nel 2005, è stata la testa d’ariete per i diritti della comunità Lgbtqia+” spiega. “Rete Genitori Rainbow, invece, lavora dal 2011, offrendo ascolto e supporto lontano dai riflettori, quasi come un gruppo di mutuo aiuto”. Roberta interviene, riflettendo sul loro percorso: “Se ci sentiamo una Modern Family? Non direi. Non siamo un fenomeno recente. Siamo sempre esistite, ma troppo spesso siamo state escluse dalla narrazione sociale e mediatica. All’inizio non c’erano proprio le parole per dirsi”.
Dal silenzio alla presa di parola: com’è stato il primo Pride?
Valentina: “Nel 2005 Famiglie Arcobaleno partecipò per la prima volta al Pride di Milano, volevamo dimostrare che le famiglie omogenitoriali sono una realtà, non una teoria. Aprimmo il corteo con un trenino pieno di bambini. La presenza suscitò l’indignazione dell’allora ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, che definì le nostre famiglie come ‘schifezze’ e ‘abiezioni’, accusandoci di usare bambini innocenti per promuovere quelle che considerava ‘perversioni’. Le sue parole, dolorose, offensive, ci spinsero ancor di più a lottare per la visibilità e i diritti delle nostre famiglie. Poi però decise di lasciare Famiglie Arcobaleno per fondare Rete Genitori Rainbow.
Perché?
Valentina: “Famiglie Arcobaleno era focalizzata sulla visibilità delle famiglie omogenitoriali, ma il mio percorso era diverso. Dopo un matrimonio eterosessuale, compresi tardi la mia identità lesbica, e fare coming out è stato difficile. Non ero sola: molte persone che, come me, avevano una famiglia eterosessuale, affrontavano una crisi identitaria, senza trovare ascolto. Prima della visibilità, c’era un bisogno urgente di accoglienza. Nacque così l’idea di Rete Genitori Rainbow, uno spazio dove le persone potessero sentirsi comprese, lontano da giudizi, domande superflue o pressioni politiche interne ed esterne. Volevamo rispondere alla disperazione di chi cercava supporto, come chi temeva di perdere i figli durante la causa di separazione a causa del proprio orientamento sessuale. Iniziammo con una help line”.
Come è stato il vostro primo incontro?
Roberta: “Ci siamo conosciute nel 2002 grazie al gruppo ‘mamme’ della mailinglist Lista lesbica italiana. Era un forum dove le donne con figli si confrontavano, e lì ho incontrato Valentina. Ci siamo scritte tanto e alla fine ci siamo date appuntamento alla Reggia di Stupinigi, dove anche le nostre figlie si sono incontrate per la prima volta”. Valentina: “All’inizio era tutto via internet, ma poi siamo passate alla realtà. Ci siamo trovate subito a nostro agio, un po’ per il comune interesse per la famiglia e il fatto che entrambe avevamo dei figli”.
Come avete fatto coming out con le vostre figlie? O lo hanno capito da sole?
Roberta: “Martina mi ha chiesto se ero lesbica, e mi ha fatto davvero un po’ effetto. Ma la risposta è stata semplice: sì, siamo lesbiche, ma soprattutto siamo persone che si vogliono bene”.
Valentina: “Lo stesso vale per me. Quando Morena mi ha fatto quella domanda, le ho risposto con naturalezza, dicendole che amavo le donne. Aveva già gli strumenti per capire, e l’importante era che non le fosse stato nascosto nulla”.
Morena, come vedeva la relazione di sua madre con un’altra donna?
Morena: “Ero gelosa, non vedevo di buon occhio il cambiamento. Ma poi, col tempo, ho capito che mia madre era felice e che la sua felicità era più importante della mia gelosia. Le cose sono migliorate, e ho imparato a vedere la loro relazione come qualcosa di positivo. Ora non c’è più nessuna gelosia, anzi, sono felice di vederle insieme”.
Come si svolge la vostra giornata tipo?
Roberta: “Conciliare lavoro e famiglia può essere davvero faticoso, devo ammetterlo. Lavorando su turni, quando sono a casa sono spesso stanca, ma trovo sempre il tempo per i miei nipotini e per stare con la famiglia. Essere nonna mi dà una gioia immensa. Ho tre nipoti, e ogni tanto mia figlia si fa prendere dall’agitazione (sorride), quindi vengono da me e passiamo del tempo insieme. Li accompagno a scuola, a teatro, e mi diverto con loro. Inoltre, mi occupo di mia madre, che ha 88 anni, quindi le mie giornate sono davvero intense, ma anche molto soddisfacenti”.
Valentina: “Anche io lavoro, part-time, e sono molto impegnata con la casa, tra lavatrice e lavastoviglie. Cerco di ritagliarmi del tempo per andare in palestra e, naturalmente, per occuparmi della famiglia: siamo il punto di riferimento per i nostri nipoti e per i nostri genitori, siamo il loro welfare. Con Rete Genitori Rainbow, mi piace offrire supporto alle famiglie omogenitoriali. La nostra vita è sempre stata piena di impegni, ma è proprio l’amore per la famiglia e l’attivismo che ci dà la forza di andare avanti”.
Come vi immaginate il futuro?
Roberta: “Ci piacerebbe sposarci in Canada, dove il matrimonio egualitario è previsto”.
Valentina: “Sì, è il nostro sogno da tempo. Magari con le nostre figlie come testimoni”.
Link originale: https://www.repubblica.it/dossier/cronaca/modern-family/2024/12/03/news/modern_family_lesbiche_mamme_nonne_storia-423804345/