Risposta di un Genitore Rainbow alle falsità della stampa oscurantista

30 Aprile 2014

In risposta all’ennesimo articolo di disinformazione del solito sito oscurantista e disinformativo, prende la parola il nostro socio Pietro Schneider Graziosi con la seguente lettera che pubblichiamo, ovviamente il contributo inserito come commento sul sito ha dato origine a una serie di commenti improponibili e successivamente il nostro socio è stato bannato da quel sito, dando un esempio della normale mancanza di pluralismo e confronto.

P-S-Graziosi(foto by Laura Lerario)

“Gentile Signora Benedetta Frigerio, Spett.le redazione,

ho letto con interesse il suo articolo e trovo spunto di profonda riflessione le testimonianze da lei portate. Provo rispetto per il disagio e le sofferenze descritte, perfettamente legittime e comprensibili, trovo molto meno corretto invece la strumentalizzazione che ne viene fatta.

L’esistenza di coppie omogenitoriali, nonché di figli di genitori omosessuali nati da relazioni eterosessuali è oggi una realtà che non può essere ignorata. Esistono abbondanti studi nel campo della sociologia e della psicologia odierna che mostrano la non influenza dell’orientamento sessuale sulle capacità genitoriali, e immagino che in quanto persona che scrive sull’argomento ne sia documentata.

A prescindere dalla voluta omissione di esempi e riferimenti ad esperienze  positive,  nel suo articolo vengono riportate situazioni sufficientemente  accostabili a realtà di coppie eterosessuali che mal gestiscono la propria genitorialità. Non è necessario  essere omosessuale (né tanto meno ne è prerogativa) per essere un “cattivo” genitore ed  originare col proprio comportamento disagio nei figli. Un genitore che “lascia andare” il figlio con un “appassionato” di quindicenni è semplicemente  un incosciente, così come è un disgraziato il  protagonista di un abuso su un minore in una famiglia eterosessuale. Non mancano gli esempi di pessima gestione della genitorialità in qualunque tipo di famiglia.

Credo che forse sarebbe stato più obiettivo ed onesto spostare un pochino di più  il focus anche sul fattore sociale come causa di malessere e disagio.  Ma so anche bene che tra giornalismo e informazione passa una gran differenza purtroppo.

Mi chiamo Piero Schneider, ho 52 anni, sono padre, sono omosessuale, e come vede  ho anche un nome ed un cognome. Sono stato figlio e bambino e sono pienamente cosciente del disagio che deriva, in tenera età, dal sentirsi diversi dagli altri. Come bimbo posso sentirmi a disagio perché mia mamma è obesa, o perché è visibilmente più vecchia rispetto a quelle dei compagni, perché mio padre è disabile, o perché mi viene a prendere a scuola in bicicletta invece che col SUV, perché i miei genitori son separati, ecc…… Personalmente ho subito un disagio a scuola anche  semplicemente per il fatto di  essere mancino.

Come genitore è mio compito  quello di offrire delle sicurezze e dei riferimenti affettivi forti a mio figlio, di dargli un sostegno che lui/lei possa toccare e sentire e che vada oltre i comuni stereotipi ed il cosiddetto ben pensare. E’ solo questo che può sgonfiare e compensare  l’effetto “diverso” che da origine a  sofferenza e disagi . il peso di queste differenze soffoca ed opprime se non c’è un qualcosa, un messaggio vero e concreto,  che ci aiuta ad andarne al di la.

Come Società invece, intendo una società che ha come obiettivo il benessere delle persone che la compongono,   penso che sarebbe doveroso e auspicabile  favorire la non discriminazione in ogni sua forma, di qualunque genere e di qualunque origine, proprio per  prevenire il  più possibile l’insorgere di disagi.

Il bambino protestante o di colore oggi soffre molto meno di “stress da minoranza” di quanto non fosse trenta anni fa. Dietro a questo altro non c’è che un lavoro e un impegno dell’istituzione scuola, e soprattutto dei singoli insegnanti,  volto a mostrare come parte integrante  delle nostre comunità anche chi appartiene o proviene da culture differenti, altrettanto degne di essere conosciute, rispettate ed accolte.

Non crede,  come erogatrice di informazione,  che sarebbe di maggior aiuto e supporto all’intervistato adolescente che si chiede se esistono altri che vivono la sua condizione, presentare una realtà inclusiva ed offrire dei riferimenti positivi (che ci sono e non pochi!), anche al di fuori dallo standard? Non pensa  che rafforzare lo stigma e la condanna non agisce minimamente nella direzione giusta nei confronti di chi questo disagio e questa sofferenza la manifesta?

 In Italia sono stimati in più 100.000 i figli di genitori omosessuali, e questo numero rappresenta sicuramente una valutazione in difetto. Lo stigma sociale e il desiderio di proteggere i  propri figli rende estremamente difficile esternare e rendere pubblica la propria condizione di genitore omosessuale.  Tra questi 100.000 figli, esistono una marea di situazioni serene, o in cui il disagio non va oltre la legittima sofferenza di un figlio che coglie  la disarmonia, il disaccordo e la separazione dei propri  genitori, e mi sento di  sottolineare che questa sofferenza non è alleggerita dall’intervento della Sacra Rota. Ci sono tantissimi genitori che hanno lavorato e lavorano quotidianamente sui e coi  propri figli per non farli sentire sbagliati (così come si sono sentiti loro stessi in quanto omosessuali per una vita intera….). Tutto questo senza nessun supporto sociale, cercandosi da soli i riferimenti e gli aiuti, le realtà simili alla propria da proporre ai figli come esempi di “diversità possibile”.

Se smettessimo di parlare di “lobby LGBT”, se ci astenessimo dal continuare ad  alimentare il giudizio, se considerassimo  sul serio  il disagio e le difficoltà cui deve far fronte  chi non è tutelato da riconoscimenti e  diritti, se smettessimo di affrontare la questione con un atteggiamento di “pietosa tolleranza” verso chi è diverso da noi, e infine mi permetto, data la testata su cui scrive, se  seguissimo un po’ più alla lettera quanto qualcuno ha cercato di insegnare al mondo 2000 anni fa in tema di inclusione, rispetto ed amore verso il prossimo, forse riusciremo ad arrivare a una società dove il figlio di un omosessuale potrà  semplicemente sentirsi  dignitosamente ed orgogliosamente “diverso”, alla stessa maniera del  figlio di una coppia mista, di quello nero, o di quello protestante.

Diverso e sbagliato non sono sinonimi, se con l’educazione  si facesse passare questo concetto vivremmo in un mondo più semplice ed accogliente per tutti. Sicuramente un mondo più bello.

 Pietro Schneider Graziosi

PS.: Pienamente cosciente che non vi interessano, se occorrono riferimenti ad Associazione o gruppi che operano in questa direzione o dati e fonti relative a ricerche sul tema sono disponibilissimo  a darglieli.”

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