30 Maggio 2013
Lo scorso 22 Maggio la ministra alle Pari Opportunità Josefa Idem ha incontrato le associazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere e sulle discriminazioni per orientamento sessuale
INSIEME PER UNA CONVIVENZA CIVILE
DICIAMO NO ALLA VIOLENZA
di seguito riportiamo l’intervento di Rete Genitori Rainbow su questo tema.
La nostra associazione, Rete Genitori Rainbow, nasce per dare sostegno alle persone che prendono piena consapevolezza della propria omosessualità o della propria identità di genere dopo aver vissuto relazioni eterosessuali, anche durevoli, da cui sono nati dei figli.
Ai pregiudizi in quanto omosessuali o transessuali, per i “Genitori Rainbow”, si sommano difficoltà connesse alla separazione, al rapporto spesso conflittuale con l’ex-partner, alla difficoltà del coming out con i propri figli, spesso piccoli e quindi considerati da buona parte della rete familiare, e dalla società in genere, “non in grado” di ricevere una rivelazione di questo tipo da parte del proprio genitore, che si somma alla paura che questi figli non possano accettarli per come sono realmente. Fino alla paura che il giudice decida di affidarli esclusivamente all’altro genitore, quello eterosessuale.
Le nostre sono esistenze che si potrebbero definire multiple. Noi genitori rainbow sperimentiamo dapprima la piena integrazione nella società grazie alla creazione di una famiglia con tutti i crismi della “normalità”, quella eterosessuale, l’unica accettata e accettabile (a scapito però del mancato riconoscimento in noi della nostra vera identità che è rinnegata o rimossa più o meno inconsapevolmente), per poi passare dall’altra parte e toccare con mano le discriminazioni derivanti dal nostro diverso orientamento sessuale o diversa identità di genere.
Siamo genitori omosessuali, ma nei nostri vissuti la creazione di una famiglia omogenitoriale propriamente detta non sempre rappresenta la prima priorità: molto spesso infatti, dopo la separazione, si creano legami d’amore anche duraturi con persone dello stesso sesso che non necessariamente sfociano nella coabitazione della nuova coppia con i figli nati dalla relazione etero di uno dei due (o di entrambi). Quando questo accade, tuttavia, quando cioè si crea una famiglia cosidetta “ricostituita”, i problemi si moltiplicano, e alla riprovazione sociale spesso pesantemente avvertita si possono aggiungere violenze. Eclatante è un caso accaduto a Torino nell’autunno dello scorso anno (che notiamo ha ricevuto scarsissima attenzione da parte dei media), subito denunciato da Rete Genitori Rainbow e dalla Rete Lenford: un uomo, ex marito di una donna in quel momento convivente con la propria compagna, ha aggredito quest’ultima spaccandole la testa. Il tutto è avvenuto davanti agli occhi terrorizzati della figlia della donna (e dello stesso aggressore), una bambina di tre anni. (rif. https://www.genitorirainbow.it/comunicato-stampa-non-esistono-violenze-di-serie-a-e-violenze-di-serie-b.html )
Non si tratta di un caso isolato. Diversi sono gli episodi da noi registrati in cui alla violenza di genere si somma la violenza omofobica. Per alcuni uomini sapere di essere stati lasciati per un’altra donna scatena violenze cieche ed incontrollate, che si esercitano contro le ex. A farne le spese sono le donne, ex mogli ed ex compagne, colpite nel loro diritto all’autodeterminazione e nella loro dignità di donne e lesbiche, e i bambini, costretti a vivere in un ambiente dominato dalla paura e dalla violenza, fisica e psicologica. Altre situazioni vedono donne non indipendenti che vivono la gabbia della famiglia con sofferenza, per loro la scoperta di essere lesbiche le immette in un tunnel di ulteriore disagio e sofferenze, da cui a volte con grande fatica riescono a uscire, spesso grazie all’aiuto di associazioni come la nostra, e degli avvocati e psicologi della nostra rete e dei centri donna.
Altra questione importante su cui vorremmo attirare l’attenzione delle istituzioni: le separazioni legali, attraverso le quali tutti, o quasi tutti, i genitori rainbow passano. L’omosessualità del partner è spesso strumentalizzata nei processi di separazione in vista della definizione dell’ammontare degli assegni di mantenimento (rigorosamente al ribasso), ma soprattutto in vista della decisione del tribunale circa l’affido dei figli. Ora la giurisprudenza sta fortunatamente cambiando, ma fino a pochi anni fa il fatto che, all’interno della coppia, la donna o l’uomo avessero avuto o – peggio – avessero in quel momento una relazione omosessuale, anche se stabile, poteva costituire un motivo sufficiente per portare un tribunale a disporre l’affido esclusivo al genitore eterosessuale, in base al pregiudizio corrente secondo il quale le capacità genitoriali di una persona sono in qualche modo inficiate dal proprio diverso orientamento sessuale.
Si tratta di questioni importanti e specifiche della genitorialità “ex-etero” che speriamo che il mondo delle istituzioni prenda in seria considerazione adottando misure adeguate soprattutto nel campo della prevenzione e dell’educazione. Riteniamo che l’omofobia nasca e tragga la propria linfa vitale da una cultura sessista e maschilista. Una cultura dominata di conseguenza dall’eterosessismo che porta molte persone a negare a loro stesse il loro reale orientamento sessuale fino a tarda o tardissima età. Il nostro è un fenomeno in continua ed inesorabile emersione. Sempre più persone stanno trovando il coraggio e la determinazione per uscire dal proprio guscio, accettare finalmente la propria vera natura e dichiararla all’esterno nonostante il pregiudizio corrente che un genitore, per definizione, non può essere omosessuale.
Riteniamo fondamentale una campagna di educazione su base nazionale che parta dalla scuola primaria, perché gli stereotipi di genere e la diffidenza nei confronti degli omosessuali si fissano già in tenerissima età, e che a tale scopo la prima misura da adottare sia una adeguata formazione dei formatori e degli insegnanti. Troppo spesso gli insegnanti non hanno strumenti e la preparazione necessaria non solo per affrontare emergenze di tipo omofobico che possono sorgere in classe, ma anche per trasmettere nella quotidianità della loro attività di docenza corretti principi circa il rapporto tra i generi e l’accettazione dei diversi orientamenti sessuali. Riteniamo fondamentale un lavoro di abbattimento degli stereotipi di genere sessisti, per una diversa visione dei ruoli genitoriali da declinare indistintamente per il genere maschile e femminile. Così come è importante fare emergere l’esistenza di una pluralità positiva delle situazioni familiari così come la dinamicità delle relazioni affettive degli adulti, che i genitori pur se separati possono mantenere intatto il loro ruolo genitoriale, senza che le condizioni di separazione vadano a minimo discapito dei figli.
Allo stesso tempo sollecitiamo interventi di formazione rivolti alle figure professionali che nei tribunali intervengono nelle separazioni a causa omosessuale e transessuale (stimate pari all’11% del totale delle separazioni giudiziali, fonte Associazione Avvocati Matrimonialisti), come anche interventi diretti al personale dei servizi sociali, per prepararlo ad accogliere le richieste di sostegno da parte di genitori omosessuali e transessuali e dei loro figli e figlie, come pure da parte dei genitori di persone lgbtqi.