2 Dicembre 2012
Ci racconta la sua la storia Egon, uomo transessuale, già mamma di due splendidi bambini.
Egon è intervenuto alla tavola rotonda di Genova del 3 NOvembre 2012, qui in anticipo la sua testimonianza per iscritto:
Mi chiamo Egon e sono un uomo transessuale di 41 anni.
In questa occasione vorrei parlare della mia esperienza di genitore transessuale, perchè all’interno della realtà “t”, che è già una minoranza, quelli che hanno figli sono una minoranza, quindi siamo una minoranza dentro una minoranza.
Questo ti fa sentire alle volte un po’ più solo, un po’ più muto e più impaurito.
Per questo ho cercato, attraverso anche il mezzo del web, di contattare altre persone che stessero facendo la mia stessa esperienza, con alcune delle quali si è creato un flusso di scambio e di sostegno.
Il mio sogno era quello di creare una sorta di rete tra genitore transessuali, perchè credo che l’auto-mutuo-aiuto in questi casi possa essere molto importante.
Sono quindi molto felice di vedere che qualcosa in questo senso si stia muovendo, come nel caso di questa tavola rotonda di Genova sulla trans ed omo genitorialità, nata dalla collaborazione con l’associazione Genovagaya, organizzatrice di questo ciclo di incontri denominato “Transnovembre”, e la “Rete Genitori Raimbow”.
Personalmente ho iniziato la mia transizione in età più che adulta, già madre di una bambina e di un bambino che allora avevano due e cinque anni.
Sono stato seguito nel mio percorso dall’ospedale Careggi di Firenze e dal consultorio Trans Genere di Torre del Lago.
Qui in particolare ho trovato nella psicologa che mi era stata assegnata, una figura fondamentale per affrontare le difficoltà che mi portavo dietro.
L’enorme preoccupazione per mia figlia e mio figlio era una di queste.
Lei mi ha impedito di affrontare la questione, rimandandone sempre la discussione, per mesi.
Sosteneva che prima dovevo pensare a me stesso, risolvere i miei nodi, rafforzarmi.
Mi sembrava una cosa terribile, come sovvertire il naturale ordine delle cose, abituato a pensare che le madri si sacrificano sempre per la loro progenie, e che si annullano, se necessario, nella cura e nel bene di questa, e non che io fossi, prima che madre, una persona.
La mia stessa esperienza di figlio di una madre frustrata e insoddisfatta mi ha aiutato a capire quanto di buono ci fosse in quest’ultima asserzione, e benchè io tornassi spesso alla carica con la questione figl*, mi sono fidato.
Le rassicurazione della psicologa su come mio figlio e mia figlia avrebbero reagito ai miei cambiamenti fisici mi suonavano però di una superficialità ed avventatezza incredibili, e se non fosse stato per il rapporto di fiducia createsi tra me e la terapeuta, sarei scappato a gambe levate.
La mia idea era infatti che i mie* figl* avrebbe subito danni irreperabili, che sarebbe impazziti vedendo la loro madre trasformarsi fisicamente in un uomo sotto i loro occhi innocenti.
Ero spaventato per la grande sensibilità del figlio maggiore e inorridito per la sorte di quella piccolina, femmina, che avrebbe visto la madre mutarsi in maschio.
Questa è esattamente la mentalità comune, quello che ricevevo dall’esterno anche dagli altri adulti che amano i mi* figl* e che mi hanno riversato addosso la loro preoccupazione in termini assai duri ( mia madre che mi dice “Non ti perdonerò mai di avere messo al mondo due figli nella tua condizione” o mio padre che tuona “ Se tu fai questa cosa vuol dire che non vuoi veramente bene ai tuoi figli” e mia sorella che predice per loro una fine di tossicodipendenza per colpa mia).
Nonostante che la preoccupazione per i miei figli ed il rispetto per me stesso facessero a volte cortocircuito dentro di me esponendomi ad enormi inquietudini, tentavo di ascoltare il controcanto della psicologa, che mi diceva che i miei figl*, molto piccoli, non avevano ancora quella rigida strutturazione degli adulti, e che quindi avrebbero vissuto il mio cambiamento con serenità e non in modo traumatico.
C’erano poche indicazioni da rispettare: non creargli confusione, rispondere sinceramente alle loro domande aspettando che loro le facessero senza forzare i tempi e sopratutto fargli sentire che la loro madre era sempre lì, accanto a loro, per amarli e sostenerli.
L’unica cosa che infatti i bambini e le bambine temono è di perdere la loro madre, hanno paura che cambiando lei se ne vada.
Non importa che forma abbia la loro mamma, l’importante è che mantenga nei loro riguardi il suo ruolo di figura di riferimento affettiva.
Devo dire che la psicologa ha incassato molti punti a favore, rispetto a chi faceva previsioni infauste e si è dovuto ricredere, essendo andate le cose finora come lei aveva detto.
Io ho quindi aspettato che fossero loro a chiedermi qualcosa, l’ho aspettato con impazienza, e questo è avvenuto a terapia già iniziata, un giorno che, a tavola, il maggiore mi ha chiesto perchè tutt* mi chiamassero Egon, dopo che in realtà era passato più di un anno da quando io vivevo al maschile.
Allora gli ho spiegato che quello, pur non essendo il nome che in effetti mia madre e mio padre mi avessero dato, era il nome che avevo scelto per me e che desideravo che gli altri mi chiamassero così, tutti tranne lui e sua sorella, che potevano continuare a chiamarmi come volevano.
In quell’occasione si irritò un poco, dicendo che voleva che tutt* continuassero a chiamarmi con il mio nome anagrafico ( paura di perdere la madre), ed io continuai a tranquillizzarlo sul fatto che per lui niente sarebbe cambiato.
Avevo introdotto il tema della transessualità poco prima, “approfittando” delle amiche e degli amici trans che frequentavano la mia casa.
Si presentò l’occasione un giorno che, sempre il maggiore, chiese perchè una mia amica mtf avesse la voce maschile e quindi io, insieme a lei, gli spiegammo la sua esperienza di persona che vive in un corpo non congruo al sentire psichico e non sente come proprio il sesso biologico di nascita.
La sua reazione fu un “ Ma io sono contento di essere nato maschio, sono contento di essere come sono”, che indicò una buona comprensione per la situazione e sopratutto una reale capacità di discernere e di essere in contatto con se stesso ( tanto per sfatare il mito che i bambin* possono essere influenzati dagli omosessuali e transessuali, che si possono confondere e quindi è meglio non parlare di certe cose a certe età).
Una sera poi, con il loro padre presente, che in quell’occasione è stato fondamentale che non si opponesse, ho spiegato la mia condizione di disagio anche a loro, e da allora ho sempre risposto con schiettezza e semplicità, modulandomi chiaramente sulle loro capacità di ragionamento ( un accorgimento, per esempio, è stato quello di chiamare sempre la piccolina quando spiegavo le cose al grande, in modo che comunque anche lei potesse recepire qualcosa), ribadendo comunque sempre che rimanevo la loro mamma e che nei loro confronti nulla sarebbe cambiato.
Hanno sempre risposto con una sensibilità e una maturità commovente, mostrando un grande equilibrio, vedendo in me un genitore con cui anche poter condividere i loro pensieri più profondi, senza paura di essere giudicati o redarguiti.
L’ultimo dialogo scambiato tra di noi sull’argomento risale ad una settimana fa, mentre io mi stavo cambiando davanti a loro ( cosa che ho ricominciato a fare da qualche mese, perchè dall’inizio della transizione avevo per questo una specie di pudore).
Ero a petto nudo e mio figlio mi dice “ Certo mamma che io non ho mai visto un uomo con il petto grande come il tuo”,
ed io “ E’ perchè sono nato donna”
e lui “Lo so bene che sei nato donna, ma quando hai cominciato a sentirti uomo, ad un anno?”
ed io “Ad un anno no, sei troppo piccolino. Tu hai detto che sei contento di essere un maschio’”
lui “Sì, sono contento”
io “E sei soddisfatto?”
lui “Sì, sono soddisfatto”
io”Bene, io alla tua età non ero soddisfatto di essere una femmina”
lui “Capisco come ti sentivi”
ed il suo sguardo era così carico di comprensione che avrei voluto abbracciarlo per ore.
Quindi, riassumendo i punti cruciali della mia esperienza fino a questo punto, direi che potrei evidenziare:
-l’età della mia bambina e del mio bambino, piuttosto piccolin*, e quindi non rigidi
-l’appoggio psicologico di una persona esperta e di cui mi fidassi, che mi ha reso più sicuro nel modo di procedere e che costituisce un punto di riferimento per i miei dubbi ( e questa potrebbe essere anche la funzione di un gruppo di pari , di genitori transessuali, che si possono scambiare i vissuti e rafforzarsi a vicenda, dove chi ha già vissuto un’esperienza può supportare altr*)
-il rispondere sinceramente alle domande de* figl* senza prenderli in giro e creargli confusione, aspettare spontaneamente che loro chiedano, e sopratutto il farmi sentire vicina e continuare ad assolvere nei loro confronti lo stesso ruolo di genitore, nella maniera più amorevole possibile.