6 Febbraio 2016
Bellissima intervista alla figlia di una mamma rainbow, da La Repubblica del 05/02/2016
IO CON DUE MADRI, LA FATICA E POI LA NORMALITA’ di Maria Novella De Luca
La storia / Martina a 9 anni si è ritrovata in una famiglia “arcobaleno”. “Non sapevo come dirlo ai coetanei, ora sono fiera“
ROMA – I compagni di classe che facevano le battute, e la prof sconvolta perché «avevo due mamme». Un padre amatissimo, scomparso troppo presto, e la vita che a nove anni cambia e rivoluziona il suo destino di bambina.
Martina Di Laghi, 23 anni, piemontese, pasticcera, fotografa, «e altro ancora», ricorda e racconta. Roberta, sua madre, rimasta vedova si fidanza di nuovo, ma con un’altra donna. Un amore “diverso” che si chiama Valentina, ha una figlia, Morena, ed è divorziata dal marito. Martina Di Laghi, cresciuta con due mamme gay, è chiara, sincera e senza timori. Sa di avere una storia particolare. Ne descrive ombre e luci. «Quando mia madre e la sua compagna hanno deciso di andare a vivere insieme per me è stato difficilissimo. Detestavo l’idea di lasciare il mio paese, Carmagnola, e trasferirmi a Pinerolo a casa di Valentina e Morena. Avevo perso mio padre, e mi ritrovavo con una seconda madre e una specie di nuova sorella. Lo confesso: ero arrabbiata con il mondo».
Martina, Morena e altre centinaia. Nate e nati da relazioni eterosessuali, ma cresciute poi, dopo divorzi e separazioni, in coppie gay. Sono loro, in Italia, il nucleo più numeroso dei “figli Arcobaleno”. Grandi abbastanza da descriversi, anzi analizzarsi. «Oggi sono fiera della nostra famiglia ricomposta, mi batto per la stepchild adoption, ho due madri che adoro, una sorella che amo. L’adolescenza però è stata un percorso accidentato ». La madre di Martina, Roberta, è infermiera, e fa parte, insieme alla sua compagna Valentina Violino, della “Rete Rainbow”, associazione di genitori gay che hanno avuto figli da relazioni eterosessuali. Gruppi di aiuto-aiuto, perché non sempre, dicono, «i figli accettano il coming-out di un genitore».
«Non mi vergognavo dell’omosessualità di mia madre, semplicemente non sapevo come comunicarlo ai miei coetanei. Poi un giorno l’ho fatto, e il mondo si è diviso in due: i miei amici. E gli altri. Ricordo una ragazza. Fu terribile. Mi chiese: “Se vengo a trovarti, tua madre mi violenta?». Ma una volta trovata la forza di dichiararsi al mondo, dice Martina, tutto è cambiato. «C’è voluto tempo, ma siamo diventate una vera famiglia. Ho iniziato a chiamare Valentina mamma, e Morena ed io ci siamo sempre più considerate sorelle. Lei ha due bambine e io mi sento zia a tutti gli effetti…».
Oggi Martina vive in campagna, è momentaneamente single, ha un cane, Marvin, «per mantenermi faccio un po’ di tutto e aspetto di capire qual è la mia vera passione». «È stato alle superiori che ho iniziato a sentirmi libera. La nostra famiglia si è assestata, a Pinerolo ci siamo integrate sempre di più, con le due mamme viaggiavamo, incontravamo altre famiglie Rainbow, e quella condizione che da bambina mi era sembrata strana, è diventata via via il mio saldo fortino degli affetti. Ma per dei bambini che crescono in queste famiglie è fondamentale che l’Italia riconosca le unioni gay. Altrimenti continueranno a sentirsi “diversi”, come è accaduto a me, da piccola».