In scena le nozze web Loredana e Marcella: «È un atto politico»

21 Febbraio 2014

Loredana e Marcella, socie di Rete Genitori Rainbow hanno partecipato all’iniziativa di matrimoni simbolici Liberi matrimoni in libera Europa organizzata da Certi Diritti a Milano lo scorso 16 Febbraio in collaborazione con Rete Genitori Rainbow, Circolo Harvey Milk – Milano, Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano e Arcigay La Salamandra – Mantova.

Ecco qui un articolo che parla della loro storia pubblicato sulla Gazzetta di Mantova

LoryMarcy

Alle spalle ci sono due matrimoni andati in frantumi, due unioni convenzionali. Classica cerimonia, in chiesa o in Comune, e un uomo accanto, con cui pronunciare il fatidico sì. Un passaggio obbligato per tante donne omosessuali che scoprono tardi – a volte troppo tardi – qual è la loro reale vocazione sessuale. Anche la storia di Loredana Greco, 41 anni e Marcella Minelli, 39 anni, è stata segnata da questo percorso. Ma i frantumi di due matrimoni che non hanno funzionato fanno parte oggi del cemento che ha consentito alle due donne di formare una nuova famiglia insieme: nella casa di Porto, Marcella e Loredana vivono con le due figlie di questa, che hanno dodici e quattordici anni. Una famiglia che ieri si è rinnovata in una cerimonia simbolica a Milano urlando il bisogno che amore e unione delle persone omosessuali vengano riconosciuti come diritto, al pari di tutte le altre. Le nozze sono state celebrate in teleconferenza: a Milano Loredana, Marcella e altre sette coppie gay e lesbiche, testimone il giornalista Alessandro Cecchi Paone; in Belgio Olivier Deleuze, sindaco del sobborgo belga di Watermael-Boitsfort, che ha pronunciato la formula di rito in una sala collegata via audio e video con Milano. «Eravamo emozionate ma non abbiamo versato lacrime – raccontano sorridenti le due donne di Porto al loro rientro a Mantova – una lagrimuccia l’abbiamo spesa invece l’anno scorso, alle nozze simboliche davanti al castello di San Giorgio. Stavolta il matrimonio è stato più un atto politico, la rivendicazione pubblica di un diritto negato». Quel diritto negato che è diventato un sestante nel navigare in mare aperto di questa famiglia che vuole essere riconosciuta come tale.

«Mica siamo due mamme – tiene a precisare Loredana – le mie figlie chiamano me mamma mentre Marcella è semplicemente Marci. Sanno che ci amiamo, e questo basta. Poi hanno anche un papà… tutti collaboriamo alla loro educazione. Per le “bambine” il fatto di vivere con me e la mia compagna è una cosa digerita, assolutamente normale. La nostra è una vita familiare serena: si ride, si scherza, si parla tanto. Certo, poi ci sono anche i momenti tristi, come in qualsiasi famiglia». Per qualche amichetta o compagno di scuola, abituati a pensare alla famiglia come modello unico, c’è voluto del tempo per normalizzare la cosa. «Sì, qualche presa in giro c’è stata, del tipo “tua mamma è lesbica” ma sono cose che abbiamo affrontato e che si sono risolte» dicono.

Loredana, separata dal marito otto anni fa, lavora part time all’Ipercoop La Favorita dov’è delegata Cgil. La sua storia di amore “diverso” è nata per caso, alla fine di un turno di lavoro. Una storia finita prima di incontrare Marcella. «Mica pensavo di essere lesbica, anzi, quando ero ragazza non pensavo nemmeno che esistessero donne che amavano altre donne – dice – mi conforta il fatto che le mie figlie sappiano di che si tratta. Da grandi potranno scegliere se amare un uomo o una donna.

Anche Marcella, che lavora a Bagnolo in un’azienda alimentare, era sposata con un uomo. Niente figli, ma anche per lei il matrimonio fallito ha voluto dire trovare la sua natura. «Ho conosciuto una ragazza e mi sono trasferito con lei a Cremona – racconta – dopo cinque anni la nostra relazione è finita e sono tornata a Mantova. Con Loredana è iniziato tutto nell’ottobre di cinque anni fa, alla fiaccolata contro l’omofobia. Dopo un po’ mi sono trasferita a casa sua e piano piano abbiamo fatto capire alle bambine cos’eravamo l’una per l’altra».

 

Comunicato Stampa dell’Associazione Radicale Certi Diritti.

L’Associazione Radicale Certi Diritti, ALBI Action laïque belgo-italienne e Rainbowhouse – in collaborazione con Rete Genitori Rainbow, Circolo Harvey Milk – Milano, Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano e Arcigay La Salamandra – Mantova – hanno organizzato il primo matrimonio egualitario transnazionale d’Europa.

Sabato 15 febbraio, all’indomani della festa degli innamorati, nove coppie gay e lesbiche coroneranno il loro sogno d’amore grazie a Olivier Deleuze, sindaco di Watermael-Boitsfort (Bruxelles), che le unirà in matrimonio in teleconferenza. Otto coppie si ritroveranno alla sala Bauer della Società Umanitaria in via San Barnaba 48 a Milano e una (Mario e Giovanni) sarà alla Maison Arc-en-ciel, rue du Marché au Charbon 42, a Bruxelles.

Dimitri Tasinato e Marco Fusar Imperatore, Emanuele Boscarino e Emanuele Martinelli, Domenico Guarini e Massimo Angarini, Vincenzo Maria Ceraolo e Diego Geroldi, Domenico Centanni e Filippo Maccagni, Alessia Donato e Simonetta Costantina Santu, Loredana Greco e Marcella Minelli e Paolo Puccini e Saysana (detta NOY) avranno un testimone d’eccezione: Alessandro Cecchi Paone.

L’iniziativa, intitolata «Liberi matrimoni in libera Europa», inizierà alle 11.00 con la proiezione, per la prima volta in Italia, del documentario «Right2Love», diretto da Adaia Teruel e prodotto da Associació de families Lesbianes i Gais nel 2012, che mostra la vita di 5 famiglie arcobaleno europee. La cerimonia vera e propria si svolgerà alle 12.30 e sarà trasmessa in streaming sul sito http://www.matrimonioegualitario.org/, dov’è possibile trovare informazioni ulteriori sulle coppie e sul sindaco Deleuze. Alle 13.45 non mancherà il taglio della torta nuziale.

Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, dichiara: «All’iniziativa sono stati invitati anche il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, tutti gli assessori e tutti i consiglieri comunali, ma per ora solo la consigliera Sonego e il consigliere Cappato ci hanno risposto che appoggiano pienamente l’iniziativa e porteranno le loro felicitazioni alle coppie. È stato anche chiesto di svolgere la cerimonia alla Casa dei Diritti di Milano, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Mentre in Italia le coppie dello stesso sesso si vedono negate il diritto al matrimonio e attendono, da quasi 4 anni, che il Parlamento rispetti la sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale, la quale riconosce “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia” all’unione omosessuale “intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso”, in Belgio il matrimonio egualitario è riconosciuto dal 1 giugno 2003 e da allora sono stati celebrati più di 20.000 matrimoni tra persone dello stesso sesso. In Europa, altri 9 Stati riconoscono il matrimonio egualitario: Paesi Bassi, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Francia e Regno Unito. Il ritardo italiano, oltre ad essere incostituzionale, discrimina pesantemente non solo i cittadini LGBTI italiani, ma per tutti quelli europei che vedono limitata la loro libertà di circolazione poiché, se volessero venire a vivere in Italia, dovrebbero lasciare alla frontiera i loro diritti, in quanto coppie, e quelli dei loro figli, ma anche i doveri che dovrebbero assumersi reciprocamente e nei confronti dei figli. Tipico il caso di Manila e Carola sposate in Spagna e di loro figlio Noah che, a causa del diniego del Comune di Roma di trascrivere in Italia l’atto di nascita spagnolo del bambino poiché figlio di una coppia dello stesso sesso, a quasi un anno dalla nascita, è ancora privo di passaporto e di qualsiasi documento che ne attesti l’identità e il regime di filiazione. In questa situazione le genitrici e il bambino non possono circolare per il territorio dell’Unione, e quindi nemmeno logicamente tornare in Italia, in condizioni di sicurezza per Noah, che quindi, tra le altre cose, non ha ancora potuto conoscere i nonni. Non solo, la mancanza del passaporto sta generando notevoli problemi anche per quanto riguarda la residenza in Spagna visto che il passaporto è un requisito imprescindibile per l’ottenimento del NIE (Numero de Identificación de Extranjero, più o meno corrispondente al nostro codice fiscale) che è a sua volta fondamentale per qualsiasi pratica amministrativa (a cominciare dall’iscrizione all’asilo). È una situazione non più tollerabile».

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