31 Ottobre 2022
Questa storia è stata presa dal nostro forum, la pubblichiamo con anni di distanza perché possa aiutare chiunque legga a identificarsi e trarne forza
24/2/2014
Ciao a tutti,
ieri sera finalmente, guardando mio marito negli occhi, gli ho parlato di me e di tutto quello che ho dentro.
Gli ho detto che mi dispiace di dargli questo dolore, perché è inevitabile che di questo si tratterà, ma che non posso farne a meno, non posso non condividere con lui quel che sento di essere. Gli ho raccontato di essermi innamorata di una donna, di essere innamorata da 7 mesi e più, in totale quasi un anno, di stare male, perché non l’ho cercata e non me l’aspettavo, ma di essere stata travolta da quel che ho sempre avuto dentro e che credevo possibile ricacciare sotto, nascondere da qualche parte. Gli ho detto che quando ci siamo sposati per me è stato chiaro che stavo scegliendo da che parte stare, che pensavo potesse funzionare, che si trattasse di scegliere e che tutti nella vita hanno scelto da che parte stare e invece non è così, lui non ha mai avuto dubbi sulla propria identità sessuale e mi accorgo che il mondo è pieno di persone come lui. Gli ho detto di essere stata sempre sincera con lui, non con me e che mi dispiace. Gli ho fatto presente di non essere mai stata ricambiata nel mio amore e che non ho mai avuto esperienze. Gli ho detto di stare soffrendo, ma al contempo di essere un po’ più serena e che la psicoterapia mi aiuterà a capire chi sono e cosa voglio fare della mia vita.
Lui aveva capito qualcosa. Era nervoso nell’ultimo periodo e spero che sapere ora il perché, seppur doloroso, possa permetterci di guardarci negli occhi e dirci cosa passa nei nostri cuori e nella nostra mente. Abbiamo due splendidi figli di 7 e 4 anni e sapremo spero affrontare tutto nel loro rispetto e per il loro amore.
Oggi mi sento libera. Oggi mi sento che se la donna che amo e dalla quale non sono ricambiata mi dicesse ti amo anch’io, potrei rivoltare il mondo. Invece farò il mio bel percorso, assieme a mio marito, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Ho delle persone che mi amano e rispettano accanto, ne farò tesoro.
Il futuro mi spaventa, anche perché passo da momenti in cui la realtà mi è difficilmente sopportabile, ad altri in cui mi sembra di non aver mai provato nulla per nessuna donna e di stare semplicemente immaginando tutto.
Per ora grazie
Ho proposto a mio marito di seguire anche lui un percorso di psicoterapia individuale perché conscia di avergli dato una bella botta e non voglio si trovi a dover affrontare da solo tutto ciò. I nostri figli sono la priorità. Il suo bene e la sua integrità psicologica una necessità.
25/2/2014
Ancora io, ancora nel pieno della gran confusione che mi sovrasta e del dubbio che aver condiviso con mio marito la mia situazione di omosessualità abbia soltanto amplificato le mie responsabilità e preoccupazioni, perché ora è anche del suo stato psichico che mi preoccupo. A tutto ciò si aggiunge la paura e il senso di colpa, il pensiero di aver sbagliato a voler approfondire me stessa. Ma era inevitabile, come inevitabili sono stati i brividi, le rivoluzioni del cuore, le emozioni che lei mi ha fatto provare per mesi, per ogni sguardo, ogni sfioramento, ogni parola che ci siamo scambiate. Mi sento triste, perché amo e non sono ricambiata e in questa mia rivelazione sono sola, senza il sostegno di colei che ha fatto affiorare tutto ciò. E poi il timore di poter non essere attraente per una donna, perché non ho mai incontrato nessuna che me lo abbia detto, che mi abbia dimostrato interesse.
Non so che sarà, mio marito potrebbe anche decidere di non voler lui stare con me e a questo non avevo pensato e ora la possibilità mi spaventa. Sono tentata ogni istante di tornare indietro e ad ogni passo di andare avanti.
Aiuto.
26/2/2014
Ieri è stata una dura nottata, la sua rabbia e la sua gelosia trascritte su una lunga lettera assieme alla sua impotenza. Abbiamo pianto e ci siamo abbracciati, ognuno carico delle proprie paure e insicurezze. Che fatica e quanto dolore!
3/3/2014
Ciao Piero, grazie per il tuo lungo scritto di solidarietà e ausilio. Sì, non ho ancora preso contatto con il gruppo di mutuo aiuto, ma oggi parlando con la psicoterapeuta ho deciso di venire giovedì ad incontrarvi.
Con mio marito si è aperto un lungo dialogo, c’è tanta sofferenza in tutto ciò, inevitabile, ma anche tanta voglia di venirsi incontro come mai prima. Dopo un primo momento di rabbia e gelosia, mi sembra che in lui sia nata la consapevolezza dell’amore e la comprensione della mia situazione, che non è di suo abbandono, ma di mia conoscenza. Paradossalmente siamo più famiglia oggi rispetto alla scorsa settimana. È sicuramente un periodo doloroso e estremamente faticoso, ma sono ora in grado di andare avanti e di prendermi il tempo di capire. Ci vediamo giovedì.
Sì però stasera improvvisamente sono di fronte al più totale buio. Mi sento lacerata e sull’orlo del dirupo nel quale sto trascinando tutta la mia famiglia. Mi sento un essere malvagio che scuote con i propri artigli la quiete dei propri cari, infierendo su di lorosenza alcuna pietà. Mio marito tenta il riavvicinamento e io a stento riesco a non allontanarlo. Mi sento spregevole stasera, perché la mia mente ed il mio corpo desiderano altro, il mio cuore è spaccato, la mia anima pure. Dove mi/li sto conducendo? Quale futuro per noi? Sono in preda alla disperazione, in preda ai sensi di colpa, in preda ai perché e per come. Sono in lacrime e ho paura, stasera ho una paura incontrollabile.
9/3/2014
Carissim* grazie a tutt*.
Qualcuno di voi ho avuto modo di incontrarlo e ringraziarlo personalmente all’ultimo (il primo per me) incontro.
Che dire, nel frattempo l’incontro dirompente con una donna così inaspettata e simile a me, lei dichiaratamente lesbica, che mi ha travolta con il suo amore e mi ha spinta lì dove non ero mai arrivata, ha rivoluzionato il mio essere. Mi sono resa conto di poter essere amata da una donna, ma soprattutto di avere un modo diverso di esprimere il mio più completo e totale. Ora però resta tutto il mio retaggio. Resta mio marito, la mia famiglia, la mia vita da etero. Restano le certezze che questa vita mi dava. Restano le promesse matrimoniali, lo stress a cui ho sottoposto mio marito, l’incertezza e i sensi di colpa.
la mia lei giovedì partirà per un periodo non ancora definito. Il tempo aiuterà me e tutte le persone coinvolte a fare chiarezza in un senso o nell’altro.
Sono persa, tengo stretta la mano di mio marito e mi sento vicina e lontana, irraggiungibile. Il tempo, spero in esso.
26/3/2014
Sono passati 17 giorni dal mio ultimo scritto, 17 giorni di consapevolezza in più, di stress, di pressioni e di lontananza da lei. Oggi lei ritorna e il mondo mi sembrerebbe fantastico se si potesse per un secondo escludere il resto. Se potessi mettere da parte per un secondo soltanto lo sguardo di mio marito, le sue parole di profondo amore, ma anche di indissolubile legame a me. I miei genitori sono stati messi al corrente da mia sorella, così mio fratello, perché lui preso dalla disperazione non ha saputo tenersi a freno. Ha avuto accesso per vari giorni il mio telefonino senza che lo sapessi e così sa tutto della mia relazione. Mi sono sentita sotto accusa pur capendolo, pur comprendendo il suo stato. Ora lui è seguito da una psicologa, sa di non poter far nulla per indirizzare la mia decisione e scelta, ma le pressioni dirette e indirette mi fanno soffocare.
Non so proprio come procedere, o meglio lo so, ma non so la maniera migliore.
Il dolore intorno è veramente troppo. E io come sempre sono in mezzo.
27/3/2014
Ieri ho rivisto lei e mi sono resa conto di quanto ormai il mio metodo di rimozioni sia infallibile.
sono bastati 17 gg per accantonare tutti i miei sentimenti e le mie emozioni per lei. Ma poi sono tornate a galla ed è stato fantastico condividerle insieme. Ho deciso di sottopormi a questa terapia d’amore e di viverla un po’ più alla luce del sole. Non posso evitarlo. Capire per non ricadere nei dubbi e nelle incertezze laceranti è ormai un obbligo. E mi piaccio sempre di più nella mia nuova me. Mio marito per il momento capisce, sa di non poter fare nulla, di dover attendere che io possa “sperimentare”. Questa storia lo sta consumando, anzi ci sta consumando ognuno a modo proprio e io vorrei poterlo evitare, ma non è possibile, non più e non sarebbe giusto.
Ho capito dove nascono i miei sensi di colpa, dalla paura di provare vergogna perché mi realizzo e completo con una donna e penso che, come dice mia madre, sia contronatura, anche se io so che io sono contronatura. Il mio retaggio culturale però mi ricaccia sempre a questa contesa interna.
Io sono giusta.
1/4/2014
ieri ho parlato con la psicoterapeuta di questo stato di vergogna che diventa senso di colpa. Prenderne coscienza è un bel passo avanti anche se non posso escludere dal mio sentire quotidiano il dolore di mio marito. Vorrei essere la sua consolazione e non la sua fonte di sofferenza. Abbiamo passato il fine settimana fuori con i bambini e siamo stati veramente bene, nonostante la crisi, ed è questo che mi rende felice e contemporaneamente mi allontana dalla mia scelta, perché vorrei continuare ad essere famiglia.
Sto vivendo una modalità che non mi appartiene, quella che mi fa entrare e uscire continuamente dalla mia vita di etero per accedere a quella di omosessuale. Non ce la faccio. Ieri sera dopo aver incontrato lei ed essere rientrata a casa, ho compreso che così non posso seguitare a vivere. Ma non sono pronta a decidere dove posizionarmi.
11/4/2014
Non rinunciare a me significa perdere mio marito, la sua fiducia, il suo amore. Non torno indietro e non perché la vita che mi lascio alle spalle non sia più facile e accogliente, ma perché non me la sento più mia. I figli restano l’ancora più significativa. Vorrei che mio marito potesse capire che non è più frutto di una scelta quella di essere me stesa o meno. Che ho sempre sbagliato a ritenere che ciò, scegliere chi desiderare e chi essere, fosse possibile. Non lo è. Vorrei che comprendesse che la mia decisione non è motivata dalla presenza di lei, che lei non è il mio amante, che non è colei che sostituisce lui, il suo amore, ma è altro. Dopo avermi tirato contro ciò che ha letto di nascosto dal mio cellulare, avermi umiliata, aver detto che ora non faccio che ascoltare una sola campana, quella del mondo omosessuale, tutto diventa da una parte più facile e dall’altra più doloroso. Lui sta male, ma si sacrificherà, dice, per restare a casa. Un sacrificio d’amore che non potrò mai capire e mai sperimentare, e ignora quante volte io abbia sperimentato l’impossibilità di amare ed essere amata, ricambiata totalmente da una persona, da una donna. Un passo alla volta.
19/4/2014
ho riletto le conversazioni e in certi versi non riconosco più me stessa.
Di tutto quel che ho scritto non so più in cosa riconoscermi. Sono la donna che vive la sua famiglia da etero o la donna che ama un’altra donna?
Si parla di tempo, di cercare di prendersi il tempo per capire chi si è realmente. Mi sembra che il tempo non basti mai. Che manchi sempre per fare chiarezza. Mi sento stanca, ora anche senza di lei che si è presa una sospensione perché io possa capire senza avere pressioni. È giusto, ma mi chiedo cosa fare? Sono stanca, molto stanca e ancora troppo fragile.
21/4/2014
Tutto del mondo che mi è familiare e rassicurante e non soltanto questo, ma è agli occhi di tutti, perfino ai miei, giusto e buono e bello. Vengo da una due giorni di Pasqua particolarmente impegnativa. Ieri senza volerlo ho ascoltato una conversazione tra mio marito e mia madre in cui lei mi dava della matta fuori di testa e lui aggiungeva il carico avendo trovato un’alleata dicendole che per ora ci saremmo separati gradualmente e altro.
Le parole di mia madre e il tono di mio marito mi hanno profondamente ferita.
Più tardi ne ho chiesto spiegazione a mio marito. Sono stata molto dura facendogli capire che se avesse cercato la guerra l’avrebbe avuta. A tarda notte ci siamo chiariti. Gli ho detto che al momento se possiamo dobbiamo lavorare per trovare le forze e l’equilibrio per affrontare il mondo esterno e che ora non siamo pronti a sorreggere i commenti e i giudizi altrui.
gli ho anche detto di vederlo come un fratello ormai da qualche anno.
Stamani poi l’incontro con mia madre che non ha lasciato spazio al dialogo e alla comprensione, ma è partita alla carica con il suo giudizio facendomi scappare via. Lei vorrebbe che nella fede ritrovassi la forza e la speranza e la capacità di recuperare e portare avanti il mio matrimonio. Quando le ho detto che non posso evitare a me stessa di innamorarmi di donne lei ha detto qualcosa che mi ha ferita profondamente: ti innamori di donne! La prostituta delle donne…questo dopo aver affermato che ho perso le belle qualità che avevo e ribadito che non sono una buona madre perché troppo distratta.
più tardi mi ha chiesto scusa, ma il dolore di non essere compresa e tantomeno ascoltata, resta. Sento di non poter fare altro che andare avanti, nonostante il dolore e la sofferenza di questo cammino.
24/4/2014
Ho realizzato di non volermi separare fisicamente da mio marito, dalla mia famiglia e spezzare ora quel legame fortissimo che ci lega. Sono spaventata all’idea di perdere lui, la nostra unione. Non sono pronta a varcare o a lasciar varcare la soglia di casa per cambiare le nostre vite. Non sopporto l’idea di vivere una relazione extraconiugale, agli occhi di tutti avere un’amante e trasformare lei in ciò. Lui pur di non lasciarmi andar via e rischiare di intaccare la fiducia dei nostri figli e la loro serenità sarebbe anche disposto a farmi vivere liberamente la mia trovata dimensione. Ma per me tutto ciò è insopportabile. Non mi appartiene, non fa parte dei principi con i quali sono cresciuta e che mi hanno spinta al matrimonio con lui. Così che fare? Sacrificarmi anche io? Come? Sarebbe possibile? L’ho fatto e il risultato eccolo qua. Magari potrei con maggior forza e caparbietà. Ascoltarsi…
28/4/2014
ho passato due giorni in ritiro, sono tornata a casa un po’ più serena e ho visto quanto tutta la famiglia dipenda dalla mia serenità e quindi mi chiedo quanto la felicità mia dipenda dalla loro e non l’inverso. So che cosa desidero, ma mi chiedo anche quanto il mio desiderio possa inficiare la serenità e la felicità della mia famiglia e di mio marito e quindi anche la mia.
7/5/2014
nel mio percorso che poi vedo essere più o meno il percorso di tutt*, difficile pieno di insicurezze e di passaggi a vuoto, la serenità è quella che in un certo senso mi sento di stare raggiungendo nonostante tutto, ed è una sensazione strana, disarmante, quasi ironica.
Voglio provare a capire come e quando sono autentica e cosa questo produce in me.
3/6/2014
E con oggi ho dato sfogo a tutta me stessa, al meglio e forse al peggio. Ho sofferto e fatto soffrire. Ho chiuso una storia importantissima per fare chiarezza e capirmi e arrivare a dare risposte concrete. E alla fine mi ritrovo sola, addolorata, ma anche fiera di me stessa, del mio coraggio, della forza che comunque sento di avere dentro e che mi darà modo di affrontare il futuro, anche la separazione da mio marito, la mia famiglia, il mondo. Io sono Maria Chiara e non mi faccio paura. Sabato sfilerò al gay pride con mio cugino, ci siamo riconosciuti oggi, ognuno con il proprio bagaglio. Sabato sfilerò per i miei diritti e per dire al mondo che io sono io e mi piaccio.
23/6/2014
dopo tanto tempo torno a scrivere. Sono state settimane difficili, particolarmente dure, in cui spesso ho pensato di non farcela e che ogni sforzo fosse vano e l’unica strada da percorrere fosse il ritorno alle origini. Invece qualcosa dentro di me mi spinge ad andare avanti, nonostante il dolore che provo e che so che proverò e provoco e provocherò. Non è l’oggi per me che conta Fabrizio, non è mai stato l’oggi nella mia vita, ma sempre futuro o passato. L’oggi visto solo nella proiezione di un futuro che non diventi passato del quale pentirmi, ma del quale essere fiera. E invece ora il mio presente è fatto di una realtà imprevista che mai mi ero permessa di considerare e che ora mi costringe a rivedere tutto. Quanta fatica tutto ciò! Amo una donna, completamente e incondizionatamente e ho paura per i miei figli, per la mia vita, tutto quello che era certezza e sicurezza. Alle volte mi manca l’aria e la terra da sotto i piedi, ma lei è forte e mi è vicina e così anche mio marito.
Ce la farò. Mi dico questo. Riuscirò a trovare il modo di uscirne.
15/7/2014
Quanta forza di volontà occorre per andare avanti e io non so se l’avrò fino in fondo. Quando ogni sicurezza traballa restare in piedi è difficile. Le convinzioni non sono più quelle, le paure lavorano ai fianchi. L’idea di cambiare tutte le abitudini finora impostate con i figli, il nostro modo di vivere, l’incertezza economica mi spaventano e mi bloccano. Mio marito non vuole lasciare la casa e i figli perché si sente vittima della mia omosessualità e io non voglio privarlo di quel che abbiamo costruito insieme oltre che delnostro rapporto . Così proveremo una separazione in casa, il che forse cela meglio anche a me stessa i miei sensi di colpa. Almeno per il momento. Piccoli passi e poi vedremo.
2/9/2014
le situazioni evolvono col passare del tempo. Oggi la convivenza ci sembra meno possibile e stiamo considerando l’opzione di alternarci dentro casa il che presuppone che si affronti l’argomento coi i bimbi e ciò mi crea non poche ansie. È certo che per me tutto sta diventando estremamente pesante, alle volte, come ieri, mi sento di non farcela più ad andare avanti. Sento che le forze sono esaurite e il cuore la testa e il fisico si arrendono contemporaneamente. La mia fidanzata inoltre non vuole conoscere i miei figli e ciò mi costringe a una separazione netta delle mie vite, che comincia a starmi stretta. Mi fa impazzire questa vita a compartimenti stagni e sento che ormai nulla più è a compartimento stagno. I limiti stanno per rompersi e integrarsi.
20/10/2014
Sono quasi otto mesi che sono approdata qui. 8 mesi! Penso tra me e me. Siamo (mio marito ed io) in questo momento alla redazione del ricorso per la separazione. Si discute, ci si accorda, si pensa a quando e come mettere al corrente i figli di quel che ci sta accadendo e io improvvisamente sento il peso di quel che sto facendo. Mi faccio carico di tutta la responsabilità e il coraggio viene meno, la paura si riprende quel che è suo lasciandomi con l’illusione che forse non è stato tutto tentato. Forse potrei…Lo so che sono come i miraggi nel deserto, ma comunque io dovrò farci i conti, anche se deciderò di ignorarli.
10/3/2015
Ho fatto il mio coming out con i figli!
Dopo il seminario di Torino con la psicologa Ciriello, ho compreso quali timori mi ostacolavano dal parlare sinceramente con i miei bimbi di 8 e 5 anni e che non avevano nulla a che fare con loro.
Così li ho fatti sedere sul divano, approfittando di una giornata di loro malattia e assenza da scuola e con calma ho comunicato loro che per prima cosa sono stati il frutto del desiderio di papà e di mamma di avere dei figli, che li amiamo sempre più di ogni altra cosa. Ho spiegato che quando avevamo detto che non ci amavamo più e io avevo aggiunto che non ero felice, non ero riuscita a dire il perché, semplicemente perché ancora non lo sapevo, ma che ora, dopo essermi conosciuta meglio, sapevo che ero infelice perché non ero me stessa. Poi ho aggiunto che ho capito di essere lesbica, cioè il mio cuore si innamora del cuore di un’altra donna. mio figlio, il più grande, mi ha guardata con una certa sorpresa e incredulità, ma è durato un paio di secondi, poi è tornato ad ascoltarmi attento. la piccola invece ha protestato che dovessi tornare a dormire con il papà perché è bello. io le ho spiegato che non è possibile perché vorrei, se un giorno avverrà, vivere e dividere la mia vita con una donna. Infine ho richiamato la loro attenzione sul fatto che questa è una cosa molto importante per me, ma anche per noi, perché cambierà come ha già cambiato la nostra vita e che siamo insieme ad affrontarla. Ho specificato che possono parlare con me e chiedere qualsiasi cosa e che possono parlarne anche con gli altri, ma che, poiché è una cosa molto importante per me e non tutti sono in grado di capirla, di parlarne prima con me in maniera tale da poter verificare insieme se e come comunicarla. La piccola era già interessata a giocare a ballerine, allora ho soltanto aggiunto che oggi sono felice e serena e a loro è bastato.
Ora non so come sarà tra 1 giorno, un mese o un anno, ma l’averlo detto a loro per me è stato essenziale, degli altri non mi interessa più nulla.
La reazione del papà è stata alquanto scialba, con la sua psicologa pensavano che avremmo comunicato questa cosa ai figli insieme. Io l’ho reputata una pretesa insensata, poiché si parla di me, della mia vita e del mio rapporto con loro.
Comunque ad oggi i bimbi non sono più tornati sull’argomento, però non hanno più chiesto a me di dormire di nuovo nel lettone con il papà e forse per loro è stata una confessione che ha almeno escluso una possibilità nella quale continuare a sperare e ha contestualmente dato una certezza.
26/6/2015
mi sono separata la scorsa settimana
30/7/2015
come sto…se potessi dividere la mia attuale situazione con la mia ex compagna starei probabilmente al settimo cielo. Invece il destino ha voluto diversamente per me. Quindi dopo tante emozioni, fatiche e situazioni complesse gestite con attenzione e cariche di dolore, mi vivo questo momento in solitudine, la prima vera dopo anni. Cerco di coglierne gli aspetti positivi, i figli stanno bene, almeno apparentemente, sono sereni. Il mio ex marito è collaborativo e quando stiamo insieme con i figli siamo sereni anche noi.
Io ho tanti aspetti ancora da dover imparare a gestire e conoscere di me stessa. Un lavoro che mi sembra non finire mai. Sono spaventata alle volte, ma vado avanti con fiducia sicura che di aver fatto la scelta più corretta.
13/9/2016
Era il 23 febbraio del 2014, domenica. Lo ricordo bene perché stavo lavando i piatti, residuo dei festeggiamenti per il compleanno di mia figlia Elisa, che il giorno dopo avrebbe compiuto 4 anni.
Ero al lavandino, i guanti, la spugna imbevuta di sapone, il solito vecchio gesto della mano sulla superficie liscia del piatto, la solita quotidianità familiare di fine giornata, anche se di festa.
Lei non si era presentata. L’avevo invitata, assieme ai suoi figli, amici da sempre dei miei. Io ci speravo, nonostante mi avesse rifiutata dopo un primo periodo di attrazione reciproca. All’epoca non conoscevo ancora il motivo del suo allontanamento e poi lei mi aveva lasciato intendere che sarebbe venuta, o forse ero stata io e volerlo pensare, a volerci credere.
Cmq non si era presentata. Avevo sperato fino all’ultimo che la sua snella figura, timida e un po’ imbarazzata, facesse capolino in casa e rallegrasse il mio sguardo. Avevo come sempre camuffato egregiamente l’inquietudine, l’ansia e la delusione di quel pomeriggio. Celato houdinianamente il desiderio che mi avviluppava tutti i sensi.
Lui, mio marito, si aggirava per la cucina, alle mie spalle sistemava le vettovaglie avanzate. Eravamo reduci da una giornata impegnativa e da una settimana psicologicamente pesante. Due giorni prima eravamo stati all’ultima visita medica per la nostra bambina per verificare che non avesse deficit di apprendimento. Il 21 febbraio avevamo dovuto sostenere un colloquio con la psicologa. Lui, nostra figlia Elisa ed io. Ricordo che avevo parlato molto finché la psicologa non si era rivolto a lui dicendo: Sua moglie è arrabbiata; e poi gli aveva ripetuto per ben due volte: Sua moglie è molto arrabbiare. Infine ci aveva licenziati guardandolo e incitandolo con un: veda lei che vuole fare.
In auto gli avevo confessato di stare seguendo una psicoterapia da circa un mese e mezzo.
Poi era caduto il silenzio. Avevamo organizzato il compleanno.
Ora io lavavo i piatti e lui si muoveva alle mie spalle.
Rumore di acqua e porcellana, sbatter di cassetti e sportelli.
Al diavolo, quella stronza non è venuta e non mi ha nemmeno fatto una telefonata per giustificare la sua assenza, per fare gli auguri ad Elisa almeno, cazzo l’ha vista nascere! Fanculo a lei e a questi piatti merdosi e alle mia vita e a questa finzione. Fanculo a me.
Pensai questo e il pensiero si tradusse in gesto, lento, calibrato, consueto. Chiusi il rubinetto, sfilai i guanti e mi voltai.
Non so se i miei occhi non ebbero il coraggio di incontrare i suoi o se i suoi si sottrassero al mio sguardo, però ebbi il coraggio di parlare.
Fanculo
NOI DUE DOBBIAMO PARLARE
Credo che il discorso finì lì.
Fanculo
Poi lui proseguì a rassettare la cucina. Io forse a lavare i piatti.
Ci ritrovammo a letto. Da un mese io mi ero decisa a non avere più rapporti con lui.
Piccoli aggiustamenti di coperte e di cuscino e poi luce spenta. ..
Puttana Eva, io non posso dormire, ho il fuoco di santo Antonio che mi sta incenerendo! Fai qualcosa perdio, per una volta fai l’uomo!
Pensai questo, ma il silenzio restò assordante.
Così feci io l’uomo o semplicemente quella tra i due che masticò paura senza spezzarsi i denti.
Accesi la luce e incontrai il suo sguardo ed era uno sguardo terrorizzato.
Quel che sto per dirti cambierà le nostre vite per sempre, non si torna indietro e io lo so e tu lo sai, anche se lo crederemo, anche se ci spereremo, anche se bestemmieremo e poi pregheremo perché ci venga concessa una seconda possibilità.
Era il mio sguardo a rivelargli tutto ciò e lui lo lesse, ma si accontentò delle mie parole: noi due siamo in crisi e io credo di essere lesbica.
Ad una crisi si può porre rimedio e così pure ad un credo incerto.
Ma io non lo credevo soltanto e il tempo della crisi era già passato.
Piansi sulla sua spalla. Lui pianse tra i miei singhiozzi.
Io mi sentii libera, avevo scaricato finalmente il mondo sulle spalle di Ulisse.
La sera dopo ci ritrovammo a parlare della crisi e del mio timore di essere omosessuale. In un primo momento penso che lui non avvertì totalmente il dolore di quella rivelazione, come se gli fosse stato attenuato dall’adrenalina in circolo. Ci scherzammo su, seduti sul divano, forse cercando di esorcizzare l’inevitabile.
Poi arrivò il 25 e gli eventi presero ad avvicendarsi con una velocità folle. Io quella sera uscii per incontrarmi con una rappresentante di zona del movimento lesbico e incontrai lei, una nuova lei.
A me non interessava troppo innamorarmi ancora. Avevo necessità di sperimentarmi. Dovevo abbattere quel muro che separava il platonico invaghimento del cuore e il desiderio carnale del toccare con mano un corpo che fosse di donna.
Così conobbi questa amica in comune. Lei mi corteggiò per qualche giorno e per me fu sufficiente.
Intanto lui mi leggeva il cellulare e io non lo sapevo.
La sua gelosia cominciò a divorarlo. Cominciammo a dormire a turno sul divano. Io rientravo la notte ad orari impossibili. Lui restava a casa coi figli. Io ero annientata dai sensi di colpa e dal mio desiderio finalmente scardinato. Lui non dormiva pensando a cosa stessi facendo, io non dormivo facendo quel che lui pensava.
Di fronte ai figli ci mantenevamo civili, ma poi lui mi metteva all’angolo e mi torturava con domande intime, con i sospetti, le certezze e le minacce che riguardavano la messa in discussione del mio ruolo di mamma.
Per mesi ci dilaniammo così.
Io annegavo in una relazione distruttiva che però mi aveva regalato l’incontro con la vera me. Lui naufragava nella certezza di perdermi. Entrambi cercavamo di tener fede al nostro compito di genitori.
Dopo le prime settimane passate a dormire sul divano, con qualche giustificazione addotta per non allarmare i figli, mi trasferii nella camera di mia figlia, poi da dicembre (quando iniziammo un accordo di separazione consensuale che considerava un’alternanza nostra nella casa coniugale) io mi trasferii da lei nelle notti in cui non ero a casa. Due notti da lei e due notti a casa coi figli. Così per 4 mesi, con lei che nel frattempo non sapeva più se amava me o di nuovo la sua ex.
Aprile del 2015, ormai sfinita presi casa per conto mio.
Scappai dalla casa di lei, dal suo rapporto malato con un padre malato. Scappai dalla sua casa enorme senza riscaldamento, dalla sua casa sporca, scappai dal suo amore finito. Scappai dalla disperazione e mi ritrovai a vivere in un posto sconosciuto assieme al mio cane per quelle due o tre notti a settimana in cui dovevo lasciare i miei figli e la mia casa perché lui potesse stare con i nostri figli.
Ma lei nonostante tutto mi sorprese e si trasferì da me proprio quando ogni speranza era stata archiviata.
Io gestivo due case, i figli per tutta la settimana, ma alcune sere poi uscivo di scena con una borsa con dentro un cambio di mutande, una maglietta, uno spazzolino, per andare nella mia seconda vita parallela.
La spesa che facevo per casa e che poi non mi ritrovavo quando arrivavo nella mia tana. Il dolore di salutare i figli.
Intanto lei decise di andare a trovare i figli della ex e quindi anche la ex.
Mentre era lontana io vissi il suo tradimento sulla mia pelle. Pagai cosi la sofferenza procurata a lui un anno prima.
Tornata a casa mi lasciò, proprio a ridosso della mia separazione legale: 10 anni esatti di matrimonio, 18 giugno 2005/18 giugno 2015. Anche l’ora, la stessa: 11.40. Un cerchio che si chiude perfettamente.
Vorrei che fosse così. Ma nel cerchio non ci sono la solitudine e l’incomprensione regalatemi dalla mia famiglia. La frasi omofobe. L’abbandono. Il pensiero del suicidio. L’idea costante di non farcela. Il mantenere l’equilibrio di un mondo che casca a pezzi e porta giù anche te. Il cerchio tiene fuori le notti di disperazione passate a piangere in macchina senza sapere dove andare, o col mio cane al guinzaglio, quel cane preso con lei. Il cerchio non tiene conto dei gioielli venduti per pagare i debiti e dei 7000 km percorsi in due mesi per fuggire da lei, dal passato, dal dolore e ritrovare me stessa. Il cerchio include il senso di colpa per un fallimento , quello di una famiglia sfasciare, un matrimonio mandato in fumo.
Eppure quella frase della psicologa quel 21 febbraio mi aveva aperto un mondo sulla mia interiorità. Io ero arrabbiata, lo ero molto a forse ero giustificata nell’esserlo. Quel che provavo non era una colpa, bensì un bisogno inascoltato. Io avevo diritto ad essere arrabbiata.
Così quel 18 giugno firmai la separazione e poi partii per i miei 7000 km in solitaria, io e il mio cane.
Un’estate fatta di momenti di disperazione e di momenti aulici che mi rimisero in contatto con la parte più profonda di me.
Un mondo da ricostruire completamente, una rinascita ma con un bagaglio importante, due vite (quelle dei miei figli) in più per le quali tutto questo aveva avuto inizio, perché è l’autenticità mia nei loro confronti che non mi aveva lasciato scampo, che mi aveva obbligata ad agire.
Per loro tornavo a casa e per loro ripartivo per ritrovarmi sola nel mio appartamento, sperando un giorno di poter restare nella casa coniugale in maniera continuativa.
Invece lui non ha ceduto. Nonostante il parere dell’avvocato, nonostante il giudizio di una mediatrice, lui la casa non ha voluto lasciarla.
Pazienza se ancora una volta toccava a me. Pazienza se il culo me lo sarei ancora fatto io.
Finirò di pagare un giorno la mia colpa per essere lesbica o per aver soltanto acceso la luce quella sera. Finiranno i miei debiti.
Così fanculo, la casa la lascio io, la casa me la cerco io, la casa per me e i figli ci sarà e sarà nostra e dopo 22 mesi di nomadismo avrò la mia camera e sarà mia, con il mio armadio e il comò e le mutande sempre lì, a portata di mano e una lavatrice in cui lavarle.
Perché il diritto a essere me stessa e ad essere riconosciuta per quella che sono per me è passato per un lungo atto di coraggio, di forza, di volontà, di ribellione; per un lungo periodo di sofferenza, di incertezza, di paura, di travaglio fisico, emotivo e psicologico e se riguardo indietro i cocci sparpagliati sono tanti, ma i pezzi intatti o che hanno dovuto esser ricomposti sono molti di più e hanno una bellezza tutta loro, un fascino indescrivibile, come le rughe delle belle donne non sono lo specchio della vecchiaia ma della loro passione per la vita.
Tornassi indietro e sapessi tutto quello che mi avrebbe atteso dopo quella luce riaccesa forse non spingerei l’interruttore, ma il bello di quando si accetta di vivere è che lo si fa anche con molta incoscienza o forse semplicemente non si ha alternativa.
Però ne vale la pena, sempre.
Oggi sono sul mio nuovo letto nella mia nuova camera pronta ad accogliere la mia nuova vita.
Per tutti gli ex
Se tante volte ho pensato al suicidio è anche per il grande senso di colpa che avvertivo per averlo fatto soffrire, per averlo lasciato, per non aver saputo prima metterlo al corrente dei miei dubbi. La mia uscita di casa oggi non è indolore. È un fardello che porto dietro e che forse non mi lascerà mai. Se fossi stata al suo posto come avrei reagito…ma io non ho mai falsato volutamente il mio rapporto con lui, in quel momento io ero quella persona che diceva e faceva e pensava quelle cose e le viveva con lui. Semplicemente non sapevo o non potevo esprimere tutta me stessa. Non ero falsa, stava soltanto falsando il mio modo di essere e che non sapevo di essere.