27 Agosto 2025

Nel 1996, l’autore di Occhi di Gatto e City Hunter, Tsukasa Hōjō, pubblica un manga in 14 volumi i cui protagonisti sono… due genitori trans!
La famiglia è composta dal papà, autore di manga, che è un uomo trans, la mamma, casalinga amorevole, una donna trans e la figlia gender fluid (partorita dal papà, ovviamente!), che gioca sulla sua identità di genere fino alla fine facendo impazzire il cugino che, per situazioni di necessità, si ritrova ad essere praticamente adottato dalla famiglia e a dover gestire una bizzarra attrazione per la cugina.
Il manga non è certo un manuale di correttezza e timidezza, così come non lo sono affatto le altre opere dello stesso autore, ma con tutti i suoi limiti è evidente la volontà di descrivere una situazione familiare sui generis nel modo più attento, spesso delicato, buffo e autodeterminante possibile. Pur utilizzando un linguaggio che oggi considereremmo poco adatto e che manca delle ultime sottigliezze in fatto di genere, identità e orientamento.
Il personaggio che viene preso più di mira (e che rappresenta lo sguardo della persona comune, poco elastica, intrisa di tradizionalità e omofobia) è il nipote, Masahiko, apertamente cisgender, accolto in questa famiglia allargata, da un giorno all’altro, per motivi tragici e alla ricerca di una stabilità e di un’idea di famiglia tradizionale che crede di non poter trovare in questo contesto. Il ragazzo dimostra una ridicola resistenza morale e culturale nell’accettarne i componenti (le colleghe di lavoro del papà sono donne trans a loro volta, alcune delle quali “rumorose zie”!). Il nucleo familiare ristretto però, nonostante tutto, è perfettamente inserito nella società giapponese tradizionale “uomo che lavora – donna casalinga” e ne segue assolutamente le regole seppur “al contrario”.
L’autore propone mille situazioni comiche e non ride mai delle persone trans ma sempre con le persone trans che svettano tra tutte rendendo questa famiglia speciale e unica. Anche gli intrecci con le loro famiglie di origine sono studiati con sensibilità, tra membri che hanno abbracciato le scelte dei loro familiari in nome dell’amore e altri che invece non riescono, chiusi nelle loro convinzioni che l’autore, nascosto dietro lo sguardo dei protagonisti, giudica con severità.

Due le scene che mi hanno colpito di più: quando il papà si sente male e viene ricoverato nel reparto femminile con enorme disappunto delle pazienti che protestano chiedendo che sia spedito nel reparto maschile (sì J.K.Rowling, hai sentito bene: l’identità di genere è quella che conta per la società) e quando il nipote ottuso pretende che gli zii si presentino a un’assemblea scolastica con vestiti che “corrispondano” al loro sesso biologico creando un’enorme vergogna per loro, che lo accontentano per amore, ma soprattutto una presa di coscienza da parte di lui.
Contrariamente alle altre sue opere, questa, il cui target era un pubblico giovanile maschile, ha avuto molto meno successo. Se si legge Wikipedia italiana le ipotesi sono soprattutto la delicatezza della tematica (meno sessista di City Hunter e meno sexy di Occhi di Gatto e quindi noiosa) o l’aver descritto il mondo trans in modo troppo stereotipato (secondo l’opinione di “persone omosessuali”. E che c’entrano? Boh)
Io? Credo che non abbiano chiesto abbastanza recensioni alle persone giuste: i genitori trans con senso dell’umorismo!
Per chi vuole recuperarla: la trovate in Italiano, usata, su eBay.
