4 Novembre 2012
Riportiamo dal sito del corriere della sera l’articolo di Elena Tebano

Genitori gay, se la scienza sceglie di alimentare il pregiudizio
Alla fine lo ha ammesso anche lui: «Non si tratta di dire che gay e lesbiche sono di per sé cattivi genitori». Mark Regnerus è un sociologo che insegna all’Università del Texas di Austin ed è diventato famoso perché a giugno ha pubblicato il più esteso studio mai realizzato sui figli di genitori omosessuali. Ne ha concluso che sono più inclini al suicidio, al tradimento e alla disoccupazione di quelli delle coppie eterosessuali stabili, e comunque destinati a incontrare maggiori difficoltà psicologiche e materiali nella vita.Un disastro. E infatti la ricerca di Regnerus, che contraddice i risultati di quelle precedenti, ma per la prima volta prende in esame un campione statisticamente significativo della popolazione Usa ( 2.988 persone tra i 18 e i 39 anni), è la più citata da chi si oppone al matrimonio e all’adozione gay.
Lo studio, però, è stato subito criticato da 200 tra professori universitari e terapeuti e dalle maggiori associazioni mediche statunitensi, tra cui l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’American Medical Association, l’American Academy of Pediatrics, e l’American Psychoanalytic Association, che hanno rimproverato a Regnerus di averne falsato i risultati usando criteri sbagliati. Il sociologo, in sostanza, ha individuato i figli di genitori gay in modo da andare a pescare quelli provenienti dalle famiglie più a rischio.
Invece di chiedere agli intervistati se erano stati cresciuti da una coppia gay, ha chiesto se il padre o la madre avevano avuto almeno un rapporto omosessuale, a prescindere dalla sua durata e caratteristica. E in caso affermativo li ha definiti «genitori gay».
Come ha fatto notare John Corvino, professore di filosofia alla Wayne State University di Detroit e autore di Debating Same-Sex Marriage («Il dibattito sul matrimonio gay»), nella definizione rientrano: detenuti etero che in carcere fanno sesso con altri uomini per sfogarsi; una coppia gay di lungo corso che adotta (negli Usa è possibile) bimbi portatori di handicap; una donna quarantenne che scopre la sua omosessualità quando i figli sono cresciuti, divorzia dal marito e inizia una storia con un’altra donna; una prostituta sposata eterosessuale che occasionalmente offre i propri servizi alle donne; una lesbica che fa un figlio grazie all’inseminazione artificiale e lo cresce con la sua compagna; uomini sposati con un amante del loro stesso sesso. Così sul campione totale gli individui cresciuti in famiglie gay finiscono per essere pochissimi, di fatto irrilevanti. Regnerus ha preso poi le persone individuate grazie a questo criterio e le ha confrontate con gli adulti cresciuti da genitori biologici che ancora stavano insieme. «L’unica cosa che fa la sua ricerca – spiega Corvino – è confermare quello che sappiamo già: l’instabilità e la disgregazione danneggiano i bambini».
Adesso, mesi dopo la pubblicazione, anche Regnerus ha riconosciuto di aver sbagliato: «Se dovessi rifare da capo la mia ricerca starei più attento a definire i figli di genitori dello stesso sesso. Ho parlato di madri lesbiche e padri gay quando in effetti non sapevo niente sul loro orientamento sessuale».
Ma il latte ormai è versato: ogni volta che si parla di adozioni o genitori gay rispunta il suo studio (il sito Think Progress ha calcolato che è già successo 34 volte, da giungo a oggi, nel dibattito sui media americani). «Nella discussione su questi temi si usano le ricerche solo per rafforzare idee preconcette, non succede quasi mai che la gente formi la propria opinione sui dati scientifici disponibili» dice Corvino.
Anche in Italia si citano spesso evidenze scientifiche inesistenti per sostenere la convinzione che gay e lesbiche sarebbero cattivi genitori. E la stessa idea viene usata contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come se le due cose fossero inseparabilmente connesse (e invece ci si può sposare senza avere figli e non occorre sposarsi per avere figli). Possibile che non siamo ancora pronti a discutere di queste questioni senza pregiudizi?