7 Luglio 2023
Buonasera a tutte. Spero che stiate tutte bene.
Mi chiamo Egon e faccio parte dell’associazione Rete Genitori Rainbow. Sono una persona trans e ho una figlia e un figlio di 15 e 18 anni. E sono una persona felice, felice di essere trans* e di essere genitore.
Mettere assieme queste tre parole: trans, genitore e felicità ha qualcosa di scandaloso. Per anni ci hanno raccontato che le persone trans devono per forza essere infelici e sofferenti e soprattutto non devono essere genitori. Così forte è la paura verso i genitori trans che fino al 2015 lo stato ci ha sterilizzato di legge per darci i documenti rettificati.
Facciamo così paura noi genitori trans che la prima guida in italiano sulla genitorialità trans, è stata attaccata e censurata dalla ministra della famiglia definendola “un attacco alla maternità ed alla donna”.
Io ho transizionato quando i miei figli erano molto piccoli ed è così che sono un genitore trans*. E qualcuno ancora pensa, anche tra i professionisti, che sia stato un errore di percorso, qualcosa che non sarebbe dovuto accadere. E anche nella stessa comunità LGBTQI+, nella stessa comunità trans*, la nostra genitorialità è vista spesso con sospetto.
Forse io faccio paura perché per lo stesso stato io sono sia un uomo sia una madre. E per me va bene così, perché i miei figli mi chiamano mamma e io mi sento la loro mamma.
Ma se anche ad una persona trans* non stesse bene pazienza, perché dal momento che partorisci nel certificato di nascita sei sempre madre e donna, anche se hai il documento al maschile.
In Europa solo pochissimi paesi riconoscono il genere della persona che partorisce. Io avevo tanta paura quando ho iniziato il mio percorso di poter far del male ai miei figli peril fatto di essere trans*. E invece stiamo tutte bene. Io come persona trans* e loro come giovani persone cresciute da persone trans*.
L’unica ansia che ho è il non sapere fino a quando avrò i soldi per mantenerli. Il non sapere se loro avranno terra su cui stare, acqua da bere, aria da respirare. Se ci saranno ancora abbastanza alberi, un oceano vivo e le altre specie su questa terra. Io sono una persona privilegiata ad essere qui, a non soffrire la marginalità e la violenza. Nel nostro gruppo di mutuo aiuto per genitori trans* ci sono rifugiati politici che sono dovuti scappare per non farsi uccidere o imprigionare come persone trans* e sono scappati in Italia per poi affrontare ogni giorno il razzismo e la marginalità nel nostro paese.
Nel nostro gruppo ci sono persone trans* che sono ancora sposate con i loro partner e che non possono cambiare i loro documenti perché altrimenti il loro matrimonio si scioglierebbe. Preferiscono affrontare i problemi di avere un documento non rettificato piuttosto che perdere la possibilità di rimanere sposati con la propria moglie o il proprio marito.
Nel nostro gruppo ci sono genitori trans* i cui figli hanno problemi di salute e che devono affrontare la burocrazia degli ospedali, dove faticano a farsi riconoscere e sono sottoposti a continui coming out forzati.
I 5 anni che io sono dovuto andare in giro con un documento non rettificato, con l’ansia e la paura di doverlo mostrare, mi hanno dato un assaggio, a me che sono nato con un documento forte e che davo per scontato, di cosa possa voler dire essere in un paese straniero dove il tuo documento non ha valore.
Essere considerato per anni un sub umano perché persona trans*, mi ha dato un assaggio di cosa possa voler dire avere un corpo ed una vita che non contano niente, come accade agli animali non umani.
Essere trans per me significa quindi anche fare da ponte, essere nel mezzo, far toccare le parti perché la lotta è di tutte e per tutte.