6 Febbraio 2011
Sono Alessandro, classe 1974 in quella Torino che all’epoca ruotava intorno a MammaFiat da una coppia giovanissima.
Un’infanzia normale, anzi felice, cresciuto in un “epoca” in cui ancora si giocava in cortile e si facevano le incursioni in bici nella campagna che circondava il paesotto industriale della provincia torinese, si tornava a casa all’imbrunire senza l’assillo degli squilli sul cellulare di mamme apprensive, e arrivavano in Italia i primi cartoons sulle reti di un certo palazzinaro Brianzolo.
Un epoca in cui, tra famiglie operaie, era normale trascorrere parte della giornata in altre famiglie a seconda dei rispettivi turni delle fabbriche Fiat … chissà, forse è stata quasi una sorta di imprinting Pavloviano su quelle che trent’anni dopo si sarebbero chiamate famiglie allargate.
A dieci anni arriva un fratello, e qui si deve crescere un po’ più del solito, perché comunque a quell’età è ovvio che ci si aspetti qualcosa in più in aiuto in casa.
L’adolescenza passa nell’oratorio del paese, pur se già convintamente ateo dai 12 anni, e quindi comunque già allora un po’ “estraneo”, anche se in realtà solo e semplicemente laico, tant’è che la cosa non mi impedì di fare anche successivamente l’animatore.
Qui le prime cotte per qualche amica del gruppo, e la conoscenza, a 16 anni, con colei con cui avrei poi condiviso la gran parte della mia vita, sicuramente la parte più importante.
Devono passare due anni perché si decida di condividere più della semplice amicizia, ma poi tutto decolla e oltre a condividere le amicizie e le passioni ci ritroviamo a progettare una vita insieme e al centro di tutto questo, oltre a noi due, è forte il desiderio di metterci anche dei figli.
Superiamo tutti gli ostacoli che la sua famiglia ci mette davanti e alla fine, nel 2000 (si, guarda caso, proprio l’anno del World Pride a Roma) mettiamo su casa e matrimonio, è talmente coinvolgente che riesce pure a farmi sposare in chiesa.
Dopo un primo anno di tremendi scossoni dovuti alle enormi differenze di vita, al mio abbandonare il lavoro per mettermi in proprio e ai miei mille impegni nel volontariato in Croce Verde, tutto si stabilizza, manca solo qualcosa, che infine arriva nel 2003 e si chiama Eloise.
Come tutte le volte che qualcosa di magnifico si presenta nella mia vita, quasi in contemporanea qualcosa crolla, e quindi dall’altra parte dobbiamo gestire la separazione dei miei, che non è delle più morbide, anzi, a farne le spese salta anche il rapporto con mia madre e mio fratello.
Eloise è colei che però ci trasforma la vita, da buona scorpioncina detta le regole, come e più di un qualsiasi neonato, fin da quando nel pancione approva o disapprova con plateali scalciate anche la musica che stiamo ascoltando. E anche per lei che ci imbarchiamo nella ristrutturazione di una casa fuori Pinerolo, e lei cresce nel verde e corre con Chicco, ho, abbiamo tutto quello per cui abbiamo lottato per anni. Per qualche anno l’equilibrio tiene …
E poi quasi senza accorgetene, magari mentre ordini il caffè al bar “noti” quel barman così …
e il tipo al ristorante che non ti toglie gli occhi di dosso? Perché ora ci faccio caso?
Ma quell’architetto così glamour venuto a scegliere le piastrelle per la casa di una famosa comica e, dopo estenuanti ore tra show-room e cataloghi, con la scusa del negozio in chiusura ti propone di finire la scelta davanti ad un caffè … sarà perché hai azzeccato l’abbinamento piastrelle-sanitari o piuttosto jeans-camicia-giacca-tagliodibarba?
Certi pensieri cominciano a rutilarti in testa, a volte ti dici “ma si, sarà perché è una settimana che non … l’ormone fa scherzi”, la settimana dopo ti ritrovi con i clacson che ti svegliano mentre anziché la pubblicità della Pompea guardi Beckam for Armani con quel costumino bianco così … così … sexy.
Oddio sarò mica mezzo cupio, mezzo finocchio? Nahhhhhh ma figurati, sei pure padre, hai la barba, non sculetti, le uniche piume son quelle che perde il giaccone invernale …
Eppure ti accorgi che è così, che inizi ad avere fantasie sugli uomini, che non fai caso se la collega ha la gonna sopra o sotto il ginocchio quando accavalla le gambe, ma se IL collega ha un bottone della camicia aperto in più, allora si che l’occhio cade … e magari indugia anche.
Cominci a fare ricerche su internet, ed è facile imbatterti in foto esplicite e … apprezzi… oh cavolo se apprezzi.
Poi conosci LUI e quando ti accorgi che non è solo una mente brillantissima, allora ti neghi, davanti all’evidenza dei fatti, scoprire che ti piace anche ti sconvolge.
Cerchi come un forsennato su internet qualcuno con cui parlare, qualcuno che ti dica che è una cosa passeggera, ma in realtà scopri sempre di più che “quel mondo” ha qualcosa che vorresti, che in parte ti senti parte di “quel mondo”.
Poi chiudi il browser e sul desktop la foto di Eloise ti schianta.
Un’amica di famiglia, una compagna delle scuole serali di tuo padre, molto easy molto “avanti”, reincontrata una sera, dopo anni che non vi vedevate, ti guarda negli occhi e ti sbatte a muso duro la realtà in faccia: “Ale tu sei gay, puoi negarlo a chiunque, ma ti si legge in faccia che sei stretto nel ruolo di marito”.
Sono i tre mesi più devastanti, lei che ti consiglia di lasciar stare o al più recitare la parte del marito deluso da un matrimonio che non va come dovrebbe, “vi separate così, semplicemente per incompatibilità, e almeno eviti di perdere tua figlia, perché questo ti aspetta se ti dichiari”, dall’altra parte un altro ragazzo, un ragazzo che ha fatto della visibilità un motivo di orgoglio e pretende che tu “tolga di mezzo ogni dubbio e viva alla luce del sole quel che sei”.
In un periodo in cui, un giorno si e l’altro pure, le scenate a casa sono la costante, la crisi immobiliare ha falcidiato il mio settore e mi ritrovo a 34 anni senza lavoro e con una figlia che somatizza ogni scenata di sua madre, prendo la mia decisione contro tutti: l’antivigilia di capodanno faccio coming out con mio padre, dopo l’epifania anche con mia moglie.
Mio padre non si scompone e anzi offre aiuto.
La reazione di LEI è la più tipica: non lo accetta, da psicologa (incompetente in materia), pone il dubbio si tratti di una fase, magari sei “solo” bsx …
Ennò, mi piacciono proprio questi uomini !!!
Nonostante le cose siano in chiaro, è comunque difficile prendersi e viversi i propri spazi, la situazione economica ci impedisce una separazione in tempi brevi, e LEI spera ancora e ancora, ormai si vive da coinquilini forzati.
Ricomincio a frequentare il ragazzo che oltre un anno prima mi aveva elettrizzato per primo con quella mente acuta e i giudizi taglienti, ogni tanto il suo nome salta fuori a casa, e una sera, si comincia a parlare di come organizzarsi per la separazione.
Prendo mia figlia in braccio, ormai ha quasi 6 anni, cominciamo a spiegarle che probabilmente tra non molto abiteremo in 2 case diverse, che forse papà andrà ad abitare a Torino e lei ci ammutolisce con una delle sue frasi: “Beh piuttosto che andare a star da solo puoi andare a vivere con B.”
Non lo conosce, ne ha, si e no, sentito il nome qualche volta in casa, ma lei aveva già capito tutto, che quella persona è speciale per papà.
È la forza che mi fa prendere la strada della visibilità, non a tutti i costi, ma ho deciso che, come con mio padre e mia moglie, ancor di più con mia figlia le cose dovranno essere chiare, non dovrà un giorno rinfacciarmi “perché non me lo hai detto”.
Una sera vado a prendere un aperitivo con B., mi porto anche Eloise, voglio che lo conosca, a fine serata io sono l’escluso e loro giocano come pazzi, lo ha accolto e accettato senza far domande, perché conosceva già le risposte; sua madre invece non ne vuol sentir parlare di metterla al corrente della verità e allora forzo la mano prendendo contatto con altre famiglie omogenitoriali, riesco addirittura a portarla a Roma alla manifestazione Uguali, diventa la mascotte del bus di Arcigay.
Non è semplice, perché presuppone, prima, spiegarle la possibilità che anche tra uomini o tra donne possano esserci affetto e amore, a Roma incontrerà bimbi che sono cresciuti con due mamme o due papà, ci saranno magari uomini abbracciati, donne abbracciate. La risposta è una delle sue, solite, pragmatiche: “embè … se si vogliono bene”
Succede tutto in una settimana: sabato 17/10 andiamo a manifestare a Roma, dopo qualche giorno l’UDC affossa la legge Concia e il venerdì notte bisogna mettere in conto di spiegarle anche cos’è l’omofobia: mentre sono al lavoro in un ristorante, il capocuoco, più “alticcio” del solito, passa dagli insulti e minacce omofobe alle vie di fatto e mi spacca la faccia a testate.
È un’altra forza che mi convince che bisogna lottare per i nostri figli, che non dobbiamo lasciare che un represso si faccia forza nell’altrui vergogna, che dobbiamo dare ai nostri figli gli strumenti per capire e controbattere a chi ci vorrebbe far vivere nascosti e la risposta io ed Eloise la diamo a modo nostro, accettando di farci fotografare (la mamma acconsente storcendo un po’ il naso), con ancora la faccia incerottata e il dito medio alzato ad urlare “fuck omofobia”
Dopo che lei e la mamma si son sistemate in una mansardina, è sempre ad Eloise che chiedo il permesso di far venire B. a vivere con me, in quella che è la casa dove era cresciuta.
Sono passati ormai quindici mesi da allora, non è stata facile la mediazione con la mamma su questo aspetto, i week end che era con NOI, le paure di traumi ed altre amenità del genere, anche se il rapporto tra Eloise e B. è decollato in una maniera miracolosa, non faceva neanche le occhiate interrogative quando tra noi due passavano piccoli gesti di complicità, ma per evitare fraintendimenti o che si portasse dentro domande o interrogativi, mi sono convinto dopo un paio di mesi a dirle chiaro e tondo, “Ely, papà e B. si vogliono bene, vivono insieme perché si vogliono bene” e il suo sguardo aveva il significato quasi di dire “beh è così chiaro”.
La naturalezza e l’assenza di ambiguità nel rapporto tra me è B. anche in sua presenza, credo sia stato il motivo principale che le abbia permesso di non vivere questa presenza come un intruso, come un concorrente, ma come una altra figura di riferimento, che non si sostituisca a nessuna di quelle che sono le sue due principali di riferimento.
E di riflesso, portare questa serenità nel rapporto con noi due, anche verso sua madre, ha permesso di recuperare un rapporto ed una fiducia tale che ormai anche le date dei week end non sono più un problema, vive talmente con naturalezza i momenti che è con noi da chiedere a sua madre di fare i giochi come B., la marmellata come B., andare a pattinare come con papà e B.
È stata talmente brava Eloise a far capire a sua mamma quanto non ci sia nulla di strano e pericoloso nelle famiglie omogenitoriali e in una coppia di uomini, che i primi complimenti per Rete Genitori Rainbow mi sono arrivati da …sua mamma.