14 Febbraio 2012 – Delia Vaccarello sull’Unità parla di RGR

20 Febbraio 2013

La paura dei “genitori rainbow”? Darne notizia ai figli.

Quasi centomila i ragazzi nati nelle precedenti relazioni etero da uomini e donne omosessuali.
La paura più grande dei genitori gay è che i figli possano dire: sei omosessuale? E io non ti voglio più bene.

Sono circa centomila i figli degli omosessuali che vivono nel nostro paese, la stragrande maggioranza di questi è nata nell’ambito di relazioni che precedono la scoperta di sé da parte di mamme e papà gay. Una lesbica su 5 sopra i 40 anni ha figli, come pure il 17,7 per cento dei gay della stessa età (dalla ricercawww.salutegay.it/modidi ). Ma come arrivano al fatidico coming out? I timori non sono pochi.

Il primo passo viene fatto con il coniuge, racconta Cecilia d’Avos, co-presidente e co-fondatrice di Rete Genitori Rainbow (www.genitorirainbow.it), associazione che fornisce supporto e assistenza ai genitori gay lesbiche e trans con figli da precedenti relazioni etero. “Siccome la giurisprudenza non è omogenea, gli avvocati spesso consigliano di rivelarsi al coniuge dopo la separazione”. L’ultima sentenza della Cassazione va nella direzione opposta, e non è la sola, ma la tendenza dei giudici non è scontata. Il fenomeno è rilevante, basti pensare che ben l’11 per cento delle separazioni non consensuali è dovuta alla omosessualità di uno dei due coniugi. Il percorso che porta alla rivelazione di sé appare delicatissimo. “E’ fondamentale che il genitore faccia un lavoro con se stesso, il coming out non deve essere “adesso butto là questa cosa e non ci penso più”. Con Rete Genitori Rainbow vogliamo creare consapevolezza attraverso il confronto con gli altri che hanno vissuto la stessa esperienza”, aggiunge d’Avos.

Ma se ne potrebbe fare a meno? Il genitore potrebbe scegliere di tacere? Sembra di no, quasi sempre arriva un momento in cui la rivelazione al coniuge e ai figli viene vissuta come una imperiosa esigenza. Daniela Morabito, referente dell’associazione per il Lazio, aggiunge: “Più il figlio è piccolo meglio accetta. Psicologi interpellati suggeriscono di dirlo il più presto possibile. Il figlio ha 8 anni? Diglielo subito, non aspettare. Più piccoli sono e meno risultano condizionati. I ragazzi hanno meno timori.  Provano quasi sempre la paura dell’abbandono  al momento della separazione, vivono il timore di non sapere come andrà a finire…ma questo li accomuna a tutti gli altri figli di genitori separati”. I figli dei genitori rainbow, a differenza di quelli nati da coppie omogenitoriali con la fecondazione assistita, hanno i diritti, hanno un padre e una madre riconosciuti dalla legge. La loro è piuttosto una situazione delicata sul piano relazionale.

Prosegue Daniela Morabito: “Mia figlia che è adolescente mi ha detto “non voglio un papà donna”, io le ho risposto che un papà ce l’ha ma che sarà possibile che io abbia una compagna”. La posizione dei nuovi compagni dei genitori gay e lesbiche non è semplice, spesso non desiderano assumere ruoli genitoriali, a volte per non andare incontro a dolorosi rifiuti e delegittimazioni.
“Ho fatto coming out con i miei ragazzi quando erano adolescenti – racconta Cecilia d’Avos -. Mia figlia mi ha detto: “papà dice che ti vuoi separare perché sei lesbica, ma tu sei lesbica mamma?”“ Sì, Francesca, sono lesbica”. E lei: “Comeeeeee?” poi le spiegato: “Fino adesso non mi sentivo pronta a dirvelo”. La sincerità ha messo il rapporto su posizioni adulte e i nodi lentamente si sono sciolti”.
Sul sito di Rete Genitori Rainbow c’è la possibilità di accedere a un forum dedicato che garantisce l’anonimato dei partecipanti e permette il confronto. L’associazione organizza anche gruppi di auto-aiuto e meeting a tema. Esiste anche una Linea di ascolto attiva il lunedì sera dopo le 21.30 (tel. 06-991.96.976). Tra i progetti in cantiere, interventi di formazione nelle scuole, nelle ASL e nei tribunali.

 

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